PROPOSTA DI LEGGE

TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI

Capo I
FINALITÀ, CAMPO DI APPLICAZIONE, DEFINIZIONI

Art. 1.
(Finalità).

      1. La presente legge ha lo scopo di riordinare, coordinare, armonizzare e semplificare le disposizioni di legge vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto della normativa comunitaria, della disciplina dei diritti dei lavoratori e degli obblighi previsti per i datori di lavoro e dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, esercitano la propria competenza legislativa in materia, in attuazione dei princìpi fondamentali della presente legge.
      2. L'individuazione dei prìncipi fondamentali e il riordino della normativa vigente previsti dal comma 1 hanno come finalità primaria l'innalzamento della qualità e della sicurezza del lavoro per tutti i lavoratori, anche valorizzando il dialogo sociale e la bilateralità e garantendo la semplificazione degli adempimenti e dei controlli nonché lo sviluppo della responsabilità sociale delle imprese.

Art. 2.
(Campo di applicazione oggettivo).

      1. La presente legge prescrive misure per la tutela della salute e per la sicurezza

 

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dei lavoratori durante il lavoro in tutti i settori di attività privati o pubblici.
      2. Nei riguardi delle Forze armate e di polizia, dei servizi di protezione civile, nonché nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle università, degli istituti di istruzione universitaria, degli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado, degli archivi, delle biblioteche, dei musei e delle aree archeologiche dello Stato, delle rappresentanze diplomatiche e consolari e dei mezzi di trasporto aerei e marittimi, le norme della presente legge si applicano tenendo conto delle particolari esigenze connesse al servizio espletato, individuate con decreti emanati dai Ministri competenti di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della salute e per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione.

Art. 3.
(Campo di applicazione soggettivo).

      1. Il datore di lavoro che esercita le attività di cui all'articolo 2 e, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, i dirigenti e i preposti che dirigono o sovraintendono le stesse attività, sono tenuti alla osservanza delle disposizioni della presente legge.
      2. Rientrano nel campo di applicazione della presente legge tutti i lavoratori di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a), indipendentemente dal tipo di contratto stipulato con il datore di lavoro o con il committente, fatte salve le disposizioni contenute nei commi 3, 4, 5 e 6 del presente articolo, nell'articolo 10 e in ogni altra disposizione speciale di legge.
      3. Nei confronti dei lavoratori a domicilio di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877, e successive modificazioni, e dei lavoratori che rientrano nel campo di applicazione del contratto collettivo dei proprietari di fabbricati trovano applicazione

 

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gli obblighi di informazione e formazione di cui agli articoli 28 e 20 della presente legge. Ai lavoratori di cui al presente comma devono inoltre essere forniti i necessari dispositivi di protezione individuale in relazione alle effettive mansioni assegnate. Nell'ipotesi in cui il datore di lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al titolo III.
      4. A tutti i rapporti svolti a distanza mediante collegamento informatico e telematico si applicano le disposizioni di cui al titolo VIII, quale che sia il titolo giuridico della prestazione lavorativa dedotta in contratto e indipendentemente dall'ambito aziendale o extra-aziendale in cui si svolge la prestazione stessa. I lavoratori di cui al presente comma devono in ogni caso essere forniti dei necessari dispositivi di protezione individuale in relazione alle effettive mansioni assegnate. Nell'ipotesi in cui il datore di lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al titolo III.
      5. Nei confronti dei collaboratori coordinati e continuativi di cui all'articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile, anche nella modalità a progetto di cui agli articoli 61 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, le disposizioni della presente legge si applicano quando la prestazione lavorativa è svolta nei locali del committente e per quanto compatibili con le caratteristiche del singolo rapporto di lavoro.
      6. Nei confronti dei componenti dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis del codice civile e dei lavoratori autonomi si applicano le disposizioni dell'articolo 9 della presente legge.
      7. Sono escluse dal campo di applicazione della presente legge le prestazioni che esulano dal mercato del lavoro ai sensi dell'articolo 74 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, i lavoratori che svolgono piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa l'assistenza domiciliare alle persone, e di insegnamento privato
 

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supplementare ai sensi dell'articolo 70, comma 1, lettere a) e b), del citato decreto legislativo n. 276 del 2003.
      8. Le disposizioni di cui ai commi 3, 4, 5 e 6 non pregiudicano l'applicazione di norme di legge e di contratto collettivo o individuale più favorevoli per il lavoratore.

Art. 4.
(Computo dei lavoratori).

      1. Ai fini della determinazione del numero di lavoratori dal quale la presente legge fa discendere particolari obblighi non devono essere computati:

          a) il coniuge e i parenti del datore di lavoro entro il secondo grado in linea retta e in linea collaterale;

          b) gli allievi degli istituti di istruzione e universitari e i partecipanti ai corsi di formazione professionale nei quali si fa uso di laboratori, macchine, apparecchi e attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici;

          c) i lavoratori in prova e i lavoratori assunti in sostituzione di altri prestatori di lavoro assenti con diritto alla conservazione del posto di lavoro;

          d) i lavoratori occasionali;

          e) i lavoratori che svolgono prestazioni di lavoro accessorio o prestazioni che esulano dal mercato del lavoro ai sensi, rispettivamente, degli articoli 71 e 74 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;

          f) i lavoratori assunti con contratti di inserimento;

          g) i lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877, e successive modificazioni, e i lavoratori che svolgono prestazioni a distanza mediante collegamento informatico e telematico;

          h) i volontari, come definiti dalla legge 11 agosto 1991, n. 266, e successive modificazioni, e gli obiettori di coscienza che prestano attività di servizio civile;

 

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          i) i lavoratori occupati in programmi di lavori socialmente utili;

          l) gli stagisti e gli utenti dei servizi di orientamento o di formazione scolastica, universitaria e professionale avviati presso datori di lavoro per agevolare o perfezionare le loro scelte professionali;

          m) i collaboratori coordinati e continuativi di cui all'articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile, ancorché nella modalità a progetto di cui agli articoli 61 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;

          n) i lavoratori stagionali, qualora il loro inserimento non sia indispensabile alla realizzazione del ciclo produttivo e, con particolare riferimento alle aziende agricole, qualora non siano inclusi nell'organico dell'azienda o dell'unità produttiva necessario ad assicurarne la normale attività per l'intera annata agraria o almeno per un rilevante periodo di essa.

      2. I lavoratori con contratto di lavoro ripartito e intermittente, i lavoratori a tempo parziale e i lavoratori utilizzati nell'ambito di un contratto di somministrazione di lavoro ai sensi degli articoli 20 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, si computano sulla base del numero di ore di lavoro effettivamente prestato nell'arco di un semestre.

Art. 5.
(Definizioni).

      1. Ai fini e agli effetti della presente legge si intende per:

          a) lavoratore: persona che presta il proprio lavoro fuori dal proprio domicilio alle dipendenze o sotto la direzione altrui, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione, inclusi tutti i prestatori di lavoro con rapporti di lavoro subordinato speciale o di durata determinata, i prestatori di lavoro nell'ambito di un contratto

 

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di somministrazione di lavoro di cui agli articoli 20 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, e i prestatori di lavoro con altri rapporti di collaborazione che si concretano in una prestazione d'opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato, qualora siano stabilmente inseriti nell'ambiente di lavoro organizzato dal committente. Sono equiparati i soci lavoratori di cooperative o di società, anche di fatto, che prestano la loro attività per conto delle società e degli enti stessi, i volontari come definiti dalla legge 11 agosto 1991, n. 266, e successive modificazioni, e gli utenti dei servizi di orientamento o di formazione scolastica, universitaria e professionale avviati presso datori di lavoro per agevolare o perfezionare le loro scelte professionali. Sono altresì equiparati gli allievi degli istituti di istruzione e universitari e partecipanti a corsi di formazione professionale nei quali si fa uso di laboratori, macchine, apparecchi ed attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici;

          b) datore di lavoro: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l'organizzazione dell'impresa, ha la responsabilità dell'impresa stessa o dell'unità produttiva, definita ai sensi della lettera m), in quanto titolare dei poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale;

          c) servizio di prevenzione e protezione: insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda finalizzati all'attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali nell'azienda o nell'unità produttiva;

 

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          d) medico competente: medico in possesso di uno dei seguenti titoli:

              1) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro o in clinica del lavoro o in igiene e medicina preventiva o in medicina legale e delle assicurazioni ed altre specializzazioni individuate, ove necessario, con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca;

              2) docenza o libera docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia ed igiene del lavoro;

              3) autorizzazione di cui all'articolo 55 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;

              4) specializzazione in igiene e medicina preventiva e in medicina legale integrata con la frequenza di master di durata biennale in medicina occupazionale attivati, attraverso le sezioni di medicina del lavoro, dalle facoltà di medicina e chirurgia di una o più università consorziate. Il numero totale degli specialisti in igiene e medicina preventiva e in medicina legale ammessi ogni anno a livello nazionale alla frequenza di master in medicina occupazionale non può superare il 50 per cento del numero totale delle borse di studio assegnate dal Ministero dell'università e della ricerca alle scuole di specializzazione in medicina del lavoro per l'anno accademico precedente;

              5) specializzazione in medicina dello sport con esclusivo riferimento alla sorveglianza sanitaria degli sportivi professionisti.

          e) responsabile del servizio di prevenzione e protezione: persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all'articolo 15, designata dal datore di lavoro, per coordinare il servizio di cui alla lettera c) del presente comma;

 

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          f) rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: persona eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro, di seguito denominato «rappresentante per la sicurezza»;

          g) prevenzione: il complesso delle disposizioni o misure necessarie per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell'integrità dell'ambiente esterno;

          h) pericolo: la proprietà intrinseca di un determinato fattore o agente avente il potenziale di causare un danno;

          i) rischio: la probabilità che si raggiunga il potenziale di danno delle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente;

          l) sorveglianza sanitaria: valutazione preventiva e periodica dello stato di salute dei lavoratori in funzione dei fattori di rischio sul luogo di lavoro, nei casi previsti dalla normativa vigente;

          m) unità produttiva: stabilimento o struttura finalizzata alla produzione di beni e di servizi, dotata di autonomia finanziaria e tecnico funzionale;

          n) norma di buona tecnica: specifica tecnica emanata dai seguenti organismi europei, internazionali e nazionali: Comitato europeo di normalizzazione (CEN), Comitato europeo per la standardizzazione elettrotecnica (CENELEC), Organizzazione internazionale per la standardizzazione (ISO), Commissione internazionale elettrotecnica (IEC), Ente nazionale italiano di unificazione (UNI), Comitato elettrotecnico italiano (CEI). Sono considerate altresì norme di buona tecnica le disposizioni legislative relative ad elementi di natura tecnica o costruttiva contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, nel decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, nel decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 302, nel decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, nel decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956,

 

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n. 320, nel decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 321, nel decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 322, nel decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 323, e successive modificazioni;

          o) buone prassi: soluzioni organizzative o procedurali coerenti con la normativa vigente e generalizzabili, che permettono di ottenere una riduzione dei rischi, miglioramenti delle condizioni di lavoro e in generale la promozione della salute sui luoghi di lavoro raccolte e validate dalle regioni, dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e dagli enti bilaterali;

          p) organismi bilaterali: organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, quali sedi privilegiate per: la promozione di una occupazione regolare e di qualità; la programmazione di attività formative e l'elaborazione di buone pratiche a fini prevenzionistici; lo sviluppo di azioni inerenti la salute e la sicurezza sul lavoro; ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento.

Capo II
PRINCÌPI GENERALI DI PREVENZIONE

Art. 6.
(Misure generali di tutela).

      1. I princìpi generali di prevenzione per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro sono:

          a) valutazione dei rischi per la salute e sicurezza;

          b) eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico mediante misure

 

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tecniche, organizzative e procedurali concretamente attuabili nei diversi settori e nelle differenti lavorazioni in quanto generalmente utilizzate;

          c) riduzione dei rischi alla fonte;

          d) programmazione della prevenzione, mirando a un complesso che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive e organizzative dell'azienda nonché l'influenza dei fattori dell'ambiente di lavoro;

          e) sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non è pericoloso o è meno pericoloso;

          f) rispetto dei princìpi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e di produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo;

          g) priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;

          h) limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio;

          i) utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici sui luoghi di lavoro;

          l) allontanamento del lavoratore dall'esposizione al rischio per motivi sanitari inerenti la sua persona a seguito della comunicazione di cui al comma 2 dell'articolo 24 e adibizione del medesimo, ove possibile, ad altra mansione;

          m) istruzioni adeguate ai lavoratori;

          n) programmazione delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, attraverso l'adozione di codici di condotta e di buone prassi.

      2. Le misure relative alla sicurezza, all'igiene e alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori.

 

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Art. 7.
(Obblighi dei datori di lavoro e dei dirigenti).

      1. Il datore di lavoro che esercita le attività di cui all'articolo 2, senza possibilità di delega, deve:

          a) in relazione alla natura dell'attività dell'azienda o dell'unità produttiva, valutare tutti i rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari per condizioni soggettive o per tipologia contrattuale utilizzata, anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro;

          b) all'esito della valutazione di cui alla lettera a) elaborare un documento contenente:

              1) una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, nella quale sono specificati i criteri adottati per la valutazione stessa. La scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l'idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione. Le indicazioni del documento eventualmente riferibili a situazioni di mancata o inadeguata ottemperanza a obblighi previsti dalla presente legge non costituiscono elemento di prova ai fini dell'applicazione di sanzioni penali o amministrative, sempre che la rimozione delle predette situazioni sia congruamente programmata nello stesso documento, anche attraverso la contestuale previsione di immediate misure transitorie idonee a preservare i lavoratori da pericoli diretti per la loro sicurezza e salute;

              2) l'individuazione delle misure di prevenzione e di protezione e dei dispositivi di protezione individuali;

 

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          c) designare il responsabile, il cui nominativo è inserito nel documento di cui alla lettera b), e gli addetti del servizio di prevenzione e protezione interno o esterno all'azienda secondo le disposizioni di cui al capo III.

      2. Il datore di lavoro che esercita le attività di cui all'articolo 2, o i dirigenti che organizzano e dirigono le stesse attività, secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono:

          a) fornire ai servizi di prevenzione e protezione informazioni in merito a:

              1) organizzazione del lavoro e natura dei rischi;

              2) descrizione degli impianti e dei processi produttivi;

              3) dati del registro degli infortuni e delle malattie professionali;

              4) funzioni e compiti assegnati a lavoratori assunti con contratto a tempo determinato ovvero utilizzati mediante contratto di somministrazione di lavoro di cui agli articoli 20 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, nonché della presenza in azienda di lavoratori con rapporti di collaborazione, anche nella modalità a progetto di cui agli articoli 61 e seguenti del citato decreto legislativo n. 276 del 2003, che si concretano in una prestazione d'opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato;

              5) prescrizioni degli organi di vigilanza;

          b) nominare, nei casi in cui è obbligatoria la sorveglianza sanitaria, il medico competente;

          c) adottare, in materia di primo soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro e di gestione dell'emergenza, le misure necessarie, adeguate alla natura delle attività, alle dimensioni dell'azienda o dell'unità produttiva e

 

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del numero delle persone presenti, conformemente a quanto previsto nel capo IV;

          d) aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e della sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione, secondo le applicazioni tecnologiche generalmente praticate nel settore di attività dell'azienda o dell'unità produttiva;

          e) tenere conto, nell'affidare i compiti ai lavoratori, delle capacità degli stessi in materia di sicurezza e salute;

          f) fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispostivi di protezione individuale;

          g) prendere le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono a un rischio grave e specifico;

          h) richiedere l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione;

          i) permettere ai lavoratori di verificare, mediante il rappresentante per la sicurezza, l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute e consentire al rappresentante per la sicurezza di accedere alle informazioni e alla documentazione aziendale ai sensi dell'articolo 26, comma 1, lettera e);

          l) consultare i rappresentanti per la sicurezza nei casi previsti dall'articolo 26;

          m) prendere appropriati provvedimenti per evitare che le misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della popolazione o deteriorare l'ambiente esterno;

          n) adottare le misure necessarie ai fini della prevenzione degli incendi e dell'evacuazione dei luoghi di lavoro, nonché

 

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in caso di pericolo grave e immediato. Tali misure devono essere adeguate alla natura dell'attività, alle dimensioni dell'azienda o dell'unità produttiva e al numero delle persone presenti, conformemente a quanto previsto nel capo IV;

          o) tenere un registro nel quale sono annotati cronologicamente gli infortuni sul lavoro che comportano un'assenza dal lavoro di almeno un giorno, secondo le modalità di cui all'allegato I. Il registro deve essere conservato, ove possibile, sul luogo di lavoro o, comunque, presso la sede dell'azienda o dell'unità produttiva;

          p) informare e formare i lavoratori e i loro rappresentanti, secondo le disposizioni di cui al capo VII;

          q) astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere l'attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato.

      3. La valutazione di cui al comma 1, lettera a), deve essere effettuata e il documento di cui al comma 1, lettera b), deve essere elaborato in collaborazione con il servizio di prevenzione e protezione e con il medico competente, nei casi in cui è obbligatoria la sorveglianza sanitaria, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza.
      4. La valutazione e il relativo documento di cui al comma 1, lettere a) e b), sono aggiornati in occasione di modifiche del processo produttivo significative ai fini della sicurezza e della salute dei lavoratori.
      5. Il documento di cui al comma 1, lettera b), è custodito presso l'azienda o l'unità produttiva ed è esibito a richiesta dell'organo di vigilanza, che ne prende visione a fini conoscitivi e per gli effetti di cui alla medesima lettera b).
      6. Nelle aziende di cui all'allegato II, il documento di valutazione dei rischi, di cui al comma 1, lettera b), del presente articolo, può essere redatto in forma semplificata sulla base di indicazioni fornite dagli organismi bilaterali di cui all'articolo 27.

 

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      7. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi della presente legge, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tal caso gli obblighi previsti dalla presente legge, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento alla amministrazione competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico.

Art. 8.
(Obblighi dei preposti).

      1. I preposti che sovrintendono alle attività indicate all'articolo 2, secondo le loro attribuzioni e competenze, devono:

          a) richiedere l'attuazione e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione. In caso di persistenza dell'inosservanza informano i loro superiori diretti;

          b) prendere le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono a un rischio grave e specifico;

          c) richiedere l'osservanza delle misure per il controllo delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;

          d) informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo

 

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grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;

          e) astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato;

          f) segnalare al datore di lavoro o al dirigente le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, nonché le altre eventuali condizioni di pericolo di cui vengono a conoscenza.

      2. In assenza di preposti i compiti di cui al comma 1 sono svolti dai datori di lavoro o dai dirigenti.

Art. 9.
(Obblighi dei lavoratori, dei lavoratori autonomi e dei componenti dell'impresa familiare).

      1. Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni od omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
      2. I lavoratori devono in particolare:

          a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento degli obblighi previsti a tutela della sicurezza e della salute sui luoghi di lavoro;

          b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva e individuale;

          c) utilizzare correttamente i macchinari, le apparecchiature, gli utensili, le sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e le altre attrezzature di lavoro, nonché i dispositivi di sicurezza;

 

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          d) utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;

          e) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle lettere c) e d), nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengono a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle proprie competenze e possibilità e fatto salvo l'obbligo di cui alla lettera f), per eliminare o per ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante per la sicurezza;

          f) non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza di segnalazione o di controllo;

          g) non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;

          h) sottoporsi ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro;

          i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dalla presente legge o comunque disposti dal medico competente.

      3. I lavoratori autonomi e i componenti dell'azienda familiare devono:

          a) munirsi di dispositivi di protezione individuale e utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui al titolo V;

          b) sottoporsi alla sorveglianza sanitaria nei casi previsti dalla presente legge.

Art. 10.
(Obblighi dei datori di lavoro committenti e appaltatori nel contratto di appalto, dei lavoratori autonomi nel contratto d'opera, del distaccante e del distaccatario).

      1. Il datore di lavoro committente, in caso di affidamento dei lavori all'interno

 

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dell'azienda o dell'unità produttiva a imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi:

          a) verifica, anche attraverso l'iscrizione alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, l'idoneità tecnico-professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da affidare in appalto o in contratto d'opera;

          b) fornisce ai datori di lavoro delle imprese appaltatrici e ai lavoratori autonomi dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati a operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla propria attività.

      2. Nell'ipotesi di cui al comma 1 i datori di lavoro committenti e appaltatori e i lavoratori autonomi:

          a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto o del contratto d'opera;

          b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese e dei lavoratori autonomi coinvolti nell'esecuzione dell'opera complessiva.

      3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione e il coordinamento di cui al comma 2. Tale obbligo non si estende ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.
      4. Nel caso in cui dal datore di lavoro committente siano concessi in uso macchine o attrezzi di sua proprietà per l'esecuzione dei lavori di cui al comma 1, tali macchine o attrezzi devono essere conformi alle norme di sicurezza previste dalla presente legge.
      5. I lavoratori distaccati ai sensi dell'articolo 30 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, sono formati e addestrati dal datore di lavoro distaccante per l'uso delle

 

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attrezzature di lavoro necessarie allo svolgimento dell'attività lavorativa per la quale viene attuato il distacco in conformità alle disposizioni della presente legge. Tali adempimenti possono essere svolti dal soggetto distaccatario previo accordo scritto con il distaccante. Nel caso in cui le mansioni cui è destinato il lavoratore distaccato richiedano una sorveglianza sanitaria o comportino rischi specifici, il distaccatario ne informa il lavoratore in conformità alle disposizioni della presente legge. Il distaccatario osserva, altresì, nei confronti del medesimo lavoratore distaccato tutti gli obblighi di protezione previsti nei confronti dei propri dipendenti.

Art. 11.
(Obblighi dei progettisti).

      1. I progettisti dei luoghi e dei posti di lavoro e degli impianti rispettano i princìpi generali di prevenzione in materia di sicurezza e di salute ai fini delle scelte progettuali e tecniche e scelgono macchine e dispositivi di protezione rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia.

Art. 12.
(Obblighi dei fabbricanti e dei fornitori).

      1. Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di macchine, di attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di sicurezza e salute. Chiunque concede in locazione finanziaria beni assoggettati a procedure di attestazione della conformità è tenuto a provvedere affinché gli stessi siano accompagnati dalla relativa documentazione.

Art. 13.
(Obblighi degli installatori).

      1. Gli installatori e i montatori di impianti, macchine o altri mezzi tecnici,

 

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per la parte di loro competenza, devono attenersi alle norme di sicurezza e salute del lavoro, nonché alle istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti.

Capo III
ATTIVITÀ DI PREVENZIONE E PROTEZIONE

Art. 14.
(Servizio di prevenzione e protezione).

      1. Salvo quanto previsto dall'articolo 17, il datore di lavoro o i dirigenti organizzano il servizio di prevenzione e protezione all'interno dell'azienda, o dell'unità produttiva, o incaricano persone o servizi esterni alla azienda, secondo le disposizioni di cui al presente articolo.
      2. Gli addetti e i responsabili dei servizi, interni o esterni, di cui al comma 1, devono possedere le capacità e i requisiti professionali di cui all'articolo 15, devono essere in numero sufficiente e disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa dell'attività svolta nell'espletamento del proprio incarico.
      3. I servizi di prevenzione e protezione, interni o esterni, devono disporre di personale professionalmente preparato in relazione alla natura dei rischi presenti nelle aziende nel cui ambito svolgono la loro attività.
      4. Nell'ipotesi di utilizzo di un servizio interno, il datore di lavoro o i dirigenti possono avvalersi di persone esterne alla azienda in possesso delle conoscenze professionali necessarie, per integrare, ove occorra, l'azione di prevenzione e protezione del servizio.
      5. Il ricorso a persone o a servizi esterni è obbligatorio in assenza di dipendenti che, all'interno dell'azienda ovvero dell'unità produttiva, sono in possesso dei requisiti di cui all'articolo 15.

 

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      6. Il servizio esterno di prevenzione e protezione deve essere adeguato alle caratteristiche dell'azienda o dell'unità produttiva a favore della quale è chiamato a prestare la propria opera, anche con riferimento al numero degli operatori.
      7. Qualora il datore di lavoro o il dirigente ricorrano a persone o a servizi esterni essi non sono per tale motivo liberati della propria responsabilità in materia, salvo quanto previsto dall'articolo 2049 del codice civile.
      8. L'istituzione del servizio di prevenzione e protezione all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, è comunque obbligatoria nei seguenti casi:

          a) negli stabilimenti di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni, soggetti all'obbligo di notifica o di redazione del documento di prevenzione o del rapporto di sicurezza, di cui agli articoli 6, 7 e 8 del medesimo decreto legislativo;

          b) nelle centrali termoelettriche;

          c) negli impianti e nelle installazioni di cui agli articoli 7, 28 e 33 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni;

          d) nelle aziende per la fabbricazione e il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni;

          e) nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori dipendenti;

          f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori dipendenti;

          g) nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private.

      9. Nei casi di aziende con più unità produttive e nei casi di gruppi di imprese, può essere istituito un unico servizio di prevenzione e protezione, anche all'interno di società o di strutture appositamente costituite o organizzate dalla società capogruppo.

 

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Art. 15.
(Capacità e requisiti professionali degli addetti e dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione interni o esterni).

      1. Le capacità e i requisiti professionali dei responsabili e degli addetti ai servizi di prevenzione e protezione interni o esterni devono essere adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative.
      2. Per lo svolgimento delle funzioni da parte dei soggetti di cui al comma 1 è necessario essere in possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di istruzione secondaria di secondo grado ed essere inoltre in possesso di un attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento, a specifici corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative. In sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono individuati gli indirizzi e i requisiti minimi dei citati corsi.
      3. Possono svolgere le funzioni di responsabile o addetto dei servizi di prevenzione e protezione interni o esterni coloro che pur non in possesso del titolo di studio di cui al comma 2 dimostrano di avere svolto una delle funzioni ivi richiamate, professionalmente o alle dipendenze di un datore di lavoro, almeno da sei mesi alla data del 13 agosto 2003, previo svolgimento dei corsi di cui ai commi 2 e 5.
      4. I corsi di formazione di cui al comma 2 sono organizzati dalle regioni e province autonome, dalle università, dall'ISPESL, dall'INAIL, dall'Istituto italiano di medicina sociale, dal Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile del Ministero dell'interno, dall'Amministrazione della difesa, dall'Agenzia per la formazione dei dirigenti e dipendenti delle amministrazioni pubbliche - Scuola nazionale della pubblica amministrazione, dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori, dall'Associazione nazionale dei consulenti del lavoro o dagli organismi

 

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paritetici. Altri soggetti formatori possono essere individuati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
      5. Per lo svolgimento della funzione di responsabile del servizio prevenzione e protezione, oltre ai requisiti di cui al comma 2, è necessario possedere un attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento, a specifici corsi di formazione in materia di prevenzione e protezione dei rischi, anche di natura ergonomica e psico-sociale, di organizzazione e gestione delle attività tecnico-amministrative e di tecniche di comunicazione in azienda e di relazioni sindacali.
      6. I responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e protezione sono tenuti a frequentare corsi di aggiornamento secondo indirizzi definiti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con cadenza almeno quinquennale.
      7. Coloro che sono in possesso di laurea di ingegneria della sicurezza e protezione, in scienze della sicurezza e protezione, in tecnica della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro, in ingegneria per la sicurezza del lavoro e dell'ambiente o in ingegneria della sicurezza industriale e nucleare sono esonerati dalla frequenza ai corsi di formazione di cui al comma 2.
      8. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 17.
      9. Gli organismi statali di formazione pubblici, previsti al comma 4, organizzano i corsi di formazione secondo tariffe, determinate sulla base del costo effettivo del servizio, da stabilire, con le relative modalità di versamento, con decreto del Ministro competente per materia, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      10. Le amministrazioni pubbliche di cui alla presente legge organizzano i corsi di formazione nei limiti delle risorse finanziarie proprie o con le maggiori entrate derivanti dall'espletamento di tali attività a carico dei partecipanti.
      11. La partecipazione del personale delle amministrazioni pubbliche ai corsi di
 

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formazione di cui al presente articolo è disposta nei limiti delle risorse destinate dalla legislazione vigente alla formazione del personale medesimo.

Art. 16.
(Compiti del servizio di prevenzione e protezione).

      1. Il servizio di prevenzione e protezione collabora con il datore di lavoro o con i dirigenti:

          a) all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione dei rischi e all'individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione aziendale;

          b) nell'elaborazione delle misure preventive e protettive, nonché delle procedure di sicurezza per le varie attività aziendali e per i relativi sistemi di controllo;

          c) nella promozione di programmi d'informazione e di formazione dei lavoratori;

          d) alle consultazioni in materia di tutela della salute e di sicurezza di cui all'articolo  18;

          e) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui all'articolo 28.

      2. I componenti del servizio di prevenzione e protezione e i rappresentanti per la sicurezza sono tenuti al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell'esercizio delle funzioni di cui alla presente legge.

Art. 17.
(Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione).

      1. Il datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti propri del servizio

 

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di prevenzione e protezione nonché di prevenzione degli incendi e di evacuazione, nei casi previsti nell'allegato II, dandone preventiva informazione al rappresentante per la sicurezza e alle condizioni di cui agli articoli 18 e seguenti.
      2. Il datore di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al comma 1 deve frequentare il corso di formazione di cui all'articolo 3 del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della sanità 16 gennaio 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 27 del 3 febbraio 1997, e tenere a disposizione degli organi di vigilanza il relativo attestato.

Art. 18.
(Riunione periodica di prevenzione e protezione).

      1. Nelle aziende e nelle unità produttive che occupano più di 15 dipendenti, il datore di lavoro o i dirigenti, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione, indicono almeno una volta all'anno una riunione cui partecipano:

          a) il datore di lavoro o un suo rappresentante ovvero il dirigente;

          b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione;

          c) il medico competente ove previsto;

          d) il rappresentante per la sicurezza.

      2. Nel corso della riunione il datore di lavoro o i dirigenti sottopongono all'esame dei partecipanti:

          a) il documento di valutazione dei rischi;

          b) l'andamento degli infortuni e delle malattie professionali;

          c) l'organizzazione della sorveglianza sanitaria;

          d) i programmi di informazione e di formazione dei lavoratori ai fini della

 

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sicurezza e della protezione della loro salute.

      3. Nel corso della riunione possono essere individuati:

          a) codici di comportamento e buone prassi per prevenire i rischi di infortuni e di malattie professionali;

          b) obiettivi di miglioramento della sicurezza complessiva sulla base delle linee guida per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro.

      4. La riunione ha altresì luogo in occasione di eventuali significative variazioni delle condizioni di esposizione al rischio, comprese la programmazione e l'introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi sulla sicurezza e sulla salute dei lavoratori.
      5. Della riunione deve essere redatto un verbale che è a disposizione dei partecipanti per la consultazione.

Capo IV
PREVENZIONE DEGLI INCENDI, EMERGENZE, EVACUAZIONE DEI LUOGHI DI LAVORO E PRIMO SOCCORSO

Art. 19.
(Disposizioni generali).

      1. Ai fini degli adempimenti di cui all'articolo 7, comma 2, lettera q), i datori di lavoro o i dirigenti:

          a) organizzano i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia di primo soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione dell'emergenza;

          b) designano preventivamente i lavoratori incaricati di attuare le misure di cui all'articolo 7, comma 2, lettera q);

          c) informano tutti i lavoratori che possono essere esposti a un pericolo grave

 

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e immediato circa le misure predisposte e i comportamenti da adottare;

          d) programmano gli interventi, prendono i provvedimenti e danno istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave e immediato che non può essere evitato, possano cessare la loro attività o mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente il luogo di lavoro;

          e) prendono i provvedimenti necessari affinché qualsiasi lavoratore, in caso di pericolo grave e immediato per la propria sicurezza o per quella di altre persone e nell'impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, possa prendere le misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili.

      2. Ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il datore di lavoro o il dirigente tengono conto delle dimensioni o dei rischi specifici dell'azienda o dell'unità produttiva.
      3. I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo, rifiutare la designazione di cui al comma 1, lettera b). Essi devono essere formati, essere in numero sufficiente e disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto delle dimensioni o dei rischi specifici dell'azienda o dell'unità produttiva.
      4. Il datore di lavoro o il dirigente devono, salvo eccezioni debitamente motivate, astenersi dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave e immediato.

Art. 20.
(Prevenzione degli incendi).

      1. Fermo restando quanto previsto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577, le disposizioni del decreto del Ministro dell'interno 10 marzo 1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 81 del 7 aprile 1998,

 

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relative ad elementi strutturali si considerano norme di buona tecnica ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera n), della presente legge. Le disposizioni relative alle norme comportamentali e procedurali di sicurezza contenute nel medesimo decreto si considerano buone prassi.

Art. 21.
(Diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato).

      1. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato che non può essere evitato, si allontana dal posto di lavoro o da una zona pericolosa, non può subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da qualsiasi conseguenza dannosa.
      2. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato e nell'impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, prende misure per evitare le conseguenze di tale pericolo, non può subire pregiudizio per tale azione, a meno che non abbia commesso una grave negligenza.

Art. 22.
(Primo soccorso).

      1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura dell'attività e delle dimensioni dell'azienda o dell'unità produttiva, sentito il medico competente ove previsto, prende i provvedimenti necessari in materia di primo soccorso e di assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle altre eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche per il trasporto dei lavoratori infortunati.
      2. Il datore di lavoro, qualora non vi provveda direttamente, designa uno o più lavoratori incaricati dell'attuazione dei provvedimenti di cui al comma 1.
      3. Le disposizioni del regolamento di cui al decreto dei Ministri della salute, del lavoro e delle politiche sociali, per la funzione pubblica e delle attività produttive 15 luglio 2003, n. 388, si considerano buone prassi.

 

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Capo V
SORVEGLIANZA SANITARIA

Art. 23.
(Contenuto della sorveglianza sanitaria).

      1. La sorveglianza sanitaria è effettuata nei casi previsti dalla presente legge.
      2. La sorveglianza di cui al comma 1 è effettuata dal medico competente e comprende:

          a) accertamenti preventivi, anche in fase preassuntiva, intesi a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati, ai fini della valutazione della loro idoneità alla mansione specifica;

          b) accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori;

          c) visite mediche richieste dal lavoratore ove il medico competente le ritenga correlate a rischi professionali.

      3. Gli accertamenti di cui al comma 2 non possono riguardare lo stato di gravidanza, di tossicodipendenza o essere effettuati qualora vietati dalla normativa vigente.
      4. Gli accertamenti di cui al comma 2 comprendono esami clinici e biologici e indagini diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente.

Art. 24.
(Medico competente).

      1. Il medico competente:

          a) collabora, nell'ambito delle proprie competenze, con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione di cui all'articolo 14, alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori, e all'organizzazione del servizio di primo soccorso;

 

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          b) effettua gli accertamenti sanitari ed esprime i giudizi di idoneità alla mansione specifica al lavoro di cui all'articolo 23;

          c) istituisce e aggiorna, sotto la propria responsabilità, per ogni lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria, una cartella sanitaria e di rischio da custodire presso il datore di lavoro con salvaguardia del segreto professionale o presso il suo studio, nel caso delle aziende di cui all'allegato II;

          d) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato degli accertamenti sanitari cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività che comporta l'esposizione a tali agenti. Fornisce altresì, a richiesta, informazioni analoghe ai rappresentanti per la sicurezza;

          e) informa ogni lavoratore interessato dei risultati degli accertamenti sanitari di cui alla lettera b) e, a richiesta dello stesso, gli rilascia copia della documentazione sanitaria; una copia viene comunque consegnata alla cessazione del rapporto di lavoro;

          f) comunica, in occasione delle riunioni di cui all'articolo 18, ai rappresentanti per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi degli accertamenti clinici e strumentali effettuati e fornisce indicazioni sul significato di tali risultati;

          g) congiuntamente al responsabile del servizio di prevenzione e protezione, visita gli ambienti di lavoro almeno due volte all'anno e partecipa alla programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini delle valutazioni e dei pareri di competenza;

          h) collabora alle attività di informazione e di formazione di cui al capo VII;

          i) invia all'ISPESL le cartelle sanitarie e di rischio e ogni altra documentazione, nei casi previsti dalla presente legge, alla cessazione del rapporto di lavoro.

      2. Qualora il medico competente, a seguito degli accertamenti di cui al comma

 

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1, lettera b), esprima un giudizio sull'inidoneità parziale, temporanea o totale del lavoratore, ne informa per iscritto il datore di lavoro e il lavoratore.
      3. Avverso i giudizi di cui al comma 1, lettera b), è ammesso ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio medesimo, all'organo di vigilanza territorialmente competente che dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca del giudizio stesso.
      4. Il medico competente svolge la propria opera in qualità di:

          a) dipendente da una struttura esterna pubblica o privata convenzionata con l'imprenditore per lo svolgimento dei compiti di cui al presente capo;

          b) libero professionista;

          c) dipendente del datore di lavoro.

      5. Il dipendente di una struttura pubblica non può svolgere l'attività di medico competente qualora esplichi attività di vigilanza.
      6. Qualora il medico competente sia dipendente del datore di lavoro, questi gli fornisce i mezzi e gli assicura le condizioni necessari per lo svolgimento dei suoi compiti.
      7. Il medico competente può avvalersi, per motivate ragioni, della collaborazione di medici specialisti scelti dal datore di lavoro che ne sopporta gli oneri.

Capo VI
CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI DATORI DI LAVORO

Art. 25.
(Rappresentante per la sicurezza).

      1. In tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il rappresentante per la sicurezza.
      2. Nelle aziende o unità produttive che occupano sino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto direttamente dai lavoratori al loro interno. Nelle

 

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aziende che occupano fino a 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza può essere individuato per più aziende nell'ambito territoriale o del comparto produttivo. Esso può essere designato o eletto dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali, come definite dalla contrattazione collettiva di riferimento.
      3. Nelle aziende o unità produttive con più di 15 dipendenti il rappresentante per la sicurezza è eletto o designato dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di tali rappresentanze, è eletto dai lavoratori dell'azienda al loro interno.
      4. Il numero, le modalità di designazione o di elezione del rappresentante per la sicurezza, nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l'espletamento delle funzioni, sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva.
      5. In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al comma 1 è il seguente:

          a) un rappresentante nelle aziende o unità produttive sino a 200 dipendenti;

          b) tre rappresentanti nelle aziende o unità produttive da 201 a 1.000 dipendenti;

          c) sei rappresentanti in tutte le altre aziende o unità produttive.

      6. Le modalità e i contenuti specifici della formazione del rappresentante per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale di categoria, con il rispetto dei contenuti minimi previsti dall'articolo 2 del decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 16 gennaio 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 27 del 3 febbraio 1997.

Art. 26.
(Attribuzioni del rappresentante per la sicurezza).

      1. Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione collettiva, il rappresentante per la sicurezza:

          a) accede, nel rispetto delle esigenze produttive e previa informativa al datore

 

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di lavoro o al dirigente o al preposto competente, ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;

          b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, all'individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nell'azienda o unità produttiva;

          c) è consultato sulla designazione degli addetti al servizio di prevenzione e protezione, all'attività di prevenzione degli incendi, al primo soccorso e all'evacuazione dei luoghi di lavoro;

          d) è consultato in merito all'organizzazione della formazione di cui all'articolo 29;

          e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerenti alla valutazione dei rischi e alle misure di prevenzione relative, con esclusione del documento di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b), nonché quelle inerenti alle sostanze e ai preparati pericolosi, alle macchine, agli impianti, alla organizzazione e agli ambienti di lavoro, agli infortuni e alle malattie professionali;

          f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;

          g) promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori;

          h) formula osservazioni in occasione di visite e di verifiche effettuate dalle autorità competenti;

          i) partecipa alla riunione periodica di cui all'articolo 18;

          l) fa proposte in merito all'attività di prevenzione;

          m) avverte il responsabile dell'azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività;

          n) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione adottate dal datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi

 

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impiegati per attuarle non sono idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.

      2. Il rappresentante per la sicurezza deve disporre del tempo necessario allo svolgimento dell'incarico senza perdita di retribuzione, nonché dei mezzi necessari per l'esercizio delle funzioni e delle facoltà riconosciutegli. Non può subire pregiudizio alcuno a causa delle svolgimento della propria attività e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali.
      3. Il rappresentante per la sicurezza è tenuto al rispetto del segreto industriale relativamente alle informazioni contenute nel documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b).

Art. 27.
(Organismi bilaterali).

      1. Gli organismi bilaterali, purché dotati di struttura tecnica definita dai contratti collettivi nazionali, svolgono funzioni di orientamento e di promozione di iniziative formative nei confronti dei lavoratori e dei loro rappresentanti.
      2. Gli organismi bilaterali costituiscono la prima istanza di riferimento in merito a controversie sorte sull'applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione previsti dalle norme vigenti in materia.
      3. Agli effetti dell'articolo 42 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, gli organismi bilaterali sono parificati alla rappresentanza indicata nel medesimo articolo.
      4. Nelle aziende che occupano fino a 100 dipendenti, gli organismi bilaterali possono, a richiesta dei datori di lavoro, effettuare sopralluoghi finalizzati a verificare l'applicazione in azienda delle norme vigenti in materia di sicurezza e tutela della salute sui luoghi di lavoro e rilasciare relativa certificazione. Gli organi di vigilanza in materia di sicurezza e salute tengono conto di tali certificazioni ai fini

 

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della programmazione delle attività ispettive di vigilanza.
      5. Gli organismi bilaterali possono formulare proposte negli ambiti di competenza della Commissione consultiva di cui all'articolo 35, comma 6.

Capo VII
INFORMAZIONE E FORMAZIONE DEI LAVORATORI

Art. 28.
(Informazione).

      1. Il datore di lavoro o il dirigente provvedono affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione:

          a) sui rischi per la sicurezza e la salute connessi all'attività dell'impresa in generale;

          b) sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate;

          c) sui rischi specifici cui è esposto in relazione all'attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;

          d) sui pericoli connessi all'uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica;

          e) sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, l'evacuazione dei luoghi di lavoro;

          f) sui nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 19 e 22.

Art. 29.
(Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti).

      1. Il datore di lavoro o i dirigenti assicurano che ciascun lavoratore riceva

 

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una formazione commisurata alle risultanze della valutazione dei rischi e che deve riguardare almeno:

          a) i rischi riferiti al posto di lavoro e alle mansioni nonché ai possibili danni e le conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione;

          b) nozioni relative ai diritti e ai doveri dei lavoratori in materia di sicurezza e salute sul posto di lavoro.

      2. La formazione deve avvenire in occasione:

          a) dell'assunzione;

          b) del trasferimento o del cambiamento di mansioni;

          c) dell'introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.

      3. La formazione deve essere periodicamente ripetuta in relazione all'evoluzione dei rischi ovvero all'insorgenza di nuovi rischi.
      4. I lavoratori incaricati dell'attività di prevenzione degli incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza devono essere adeguatamente formati.
      5. Il rappresentante per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza concernente i rischi specifici esistenti nel proprio ambito di rappresentanza, tale da assicurargli adeguate nozioni sulle principali tecniche di controllo e di prevenzione dei rischi stessi.
      6. Le modalità e i contenuti specifici della formazione del rappresentante per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale di categoria.
      7. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi bilaterali di cui all'articolo 27, durante l'orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori.

 

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Art. 30.
(Formazione dei responsabili e degli addetti ai servizi di prevenzione e protezione).

      1. I responsabili e gli addetti ai servizi di prevenzione e protezione devono essere in possesso dei requisiti di formazione di cui al capo III.

Capo VIII
DISPOSIZIONI CONCERNENTI LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Art. 31.
(Vigilanza).

      1. La vigilanza sull'applicazione della legislazione vigente in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro è svolta dall'azienda sanitaria locale e, per quanto di specifica competenza, dalle direzioni provinciali del lavoro, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché, per il settore minerario, dal Ministero dello sviluppo economico e, per le industrie estrattive di seconda categoria e le acque minerali e termali, dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano.
      2. Restano ferme le competenze in materia di sicurezza e salute dei lavoratori attribuite dalle disposizioni vigenti agli uffici di sanità aerea e marittima e alle autorità marittime, portuali e aeroportuali, per quanto riguarda la sicurezza dei lavoratori a bordo di navi e di aeromobili e in ambito portuale ed aeroportuale, nonché ai servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate e per le Forze di polizia; i predetti servizi sono competenti altresì per le aree riservate od operative e per quelle che presentano analoghe esigenze da individuare, anche per quel che riguarda le modalità di attuazione, con decreto del Ministro competente di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute. L'Amministrazione della giustizia può avvalersi dei servizi istituiti per le Forze armate e di polizia, anche mediante convenzione

 

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con i rispettivi Ministeri, nonché dei servizi istituiti con riferimento alle strutture penitenziarie.

Art. 32.
(Potere di disposizione).

      1. Gli ispettori che effettuano attività di vigilanza impartiscono disposizioni esecutive ai fini dell'applicazione delle norme di buona tecnica e delle buone prassi di cui all'articolo 5, comma 1, lettere n) e o), qualora ne riscontrino la mancata adozione.
      2. Avverso le disposizioni di cui al comma 1 è ammesso ricorso, entro trenta giorni, con eventuale richiesta di sospensione delle stesse, all'autorità gerarchicamente superiore nell'ambito dei rispettivi organi di vigilanza.
      3. Le inosservanze delle disposizioni legittimamente impartite dagli ispettori degli organi di vigilanza sono punite con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 3.000 a 5.000 euro.

Art. 33.
(Informazione, consulenza e assistenza).

      1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, il Ministero dell'interno tramite le strutture del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l'ISPESL, anche mediante i propri dipartimenti periferici, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, per mezzo delle direzioni provinciali del lavoro, il Ministero dello sviluppo economico, per il settore estrattivo, tramite gli uffici della Direzione generale per l'energia e le risorse minerarie, l'Istituto italiano di medicina sociale, l'INAIL e gli enti di patronato, svolgono attività di informazione, consulenza e assistenza in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, in particolare nei confronti delle imprese artigiane e delle piccole e medie imprese nonché delle rispettive associazioni dei datori di lavoro.
      2. L'attività di consulenza non può essere prestata dai soggetti che svolgono attività di controllo e di vigilanza.

 

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Art. 34.
(Verifica sull'applicazione della normativa).

      1. Il monitoraggio e la verifica sull'effettiva applicazione della normativa di sicurezza e salute sono effettuati congiuntamente dalle regioni, dalle province autonome di Trento e di Bolzano, dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, dal Ministero della salute e dalle parti sociali mediante accordi e con metodi di misurazione condivisi.
      2. In coerenza con il principio di sussidiarità, ai fini di cui al comma 1 è utilizzato il sistema informativo nazionale, delle regioni, dell'ISPESL, dell'INAIL e del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

Art. 35.
(Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro).

      1. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale è istituita una Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro. La Commissione è presieduta dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale o dal direttore generale della Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro delegato dallo stesso Ministro, ed è composta da:

          a) un rappresentante del Ministero della salute;

          b) un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico;

          c) un rappresentante del Ministero dell'interno;

          d) un rappresentante del Ministero delle infrastrutture;

          e) tre funzionari esperti designati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale;

 

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          f) tre rappresentanti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano nominati dal presidente del coordinamento degli assessori regionali alla salute;

          g) un rappresentante dell'INAIL;

          h) un rappresentante dell'ISPESL;

          i) un rappresentante dell'Istituto italiano di medicina sociale;

          l) quattro esperti nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello nazionale;

          m) quattro esperti nominati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su designazione delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro, anche dell'artigianato e della piccola e media impresa, maggiormente rappresentative a livello nazionale.

      2. La Commissione può richiedere la consulenza di esperti nei diversi settori di interesse.
      3. I componenti della Commissione e i segretari sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, su designazione degli organismi competenti, e durano in carica cinque anni. Per ogni rappresentante effettivo è designato un membro supplente.
      4. Le funzioni inerenti alla segreteria della Commissione sono svolte da personale del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
      5. All'inizio di ogni mandato la Commissione istituisce:

          a) un gruppo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti chimici;

          b) un gruppo per l'aggiornamento delle norme di buona tecnica e delle buone prassi di cui ai titoli II, III, IV, V e VI del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, ai capi II, III, IV, V, VI, VII, VIII e IX del decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio

 

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1956, n. 164, ai capi I, II, III, IV, V, VI, VII VIII, IX e XI del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 320, e successive modificazioni, all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 323, e al decreto del Ministro per il lavoro e per la previdenza sociale 2 settembre 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 242 del 23 settembre 1968;

          c) gruppi di lavoro temporanei per specifiche problematiche.

      6. La Commissione può essere consultata in ordine a:

          a) l'elaborazione dei piani di azione annuali per la promozione della salute e della sicurezza su tutto il territorio nazionale;

          b) l'elaborazione di linee guida tecniche da parte dell'ISPESL e dell'INAIL e dell'Istituto italiano di medicina sociale finalizzate ad assicurare unità e omogeneità di comportamenti in tutto il territorio nazionale nell'applicazione delle disposizioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori anche ai fini del coordinamento dei codici e delle raccolte di buone prassi realizzate da parte delle regioni;

          c) l'elaborazione dei piani di coordinamento delle attività di sostegno alle imprese da parte dell'INAIL, dell'ISPESL e dell'Istituto italiano di medicina sociale.

      7. Ai componenti della Commissione per le riunioni o le giornate di lavoro non spetta alcun gettone di presenza e le eventuali spese di viaggio e di soggiorno sono a carico dell'amministrazione, dell'ente o dell'organizzazione di appartenenza.

Art. 36.
(Azioni positive per le piccole e medie imprese).

      1. L'INAIL promuove il miglioramento della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese e ai settori dell'agricoltura e dell'artigianato.

 

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      2. L'attività di cui al comma 1 si realizza attraverso il sostegno finanziario finalizzato a interventi informativi e formativi, di miglioramento in termini di sicurezza delle strutture, degli impianti, dei processi produttivi, dell'organizzazione delle imprese, di individuazione e diffusione di buone pratiche per lo sviluppo delle azioni di prevenzione.
      3. Gli interventi di sostegno di cui al comma 2 sono a carico dell'INAIL e non comportano alcun onere aggiuntivo per la finanza pubblica.

Art. 37.
(Attività promozionali).

      1. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale:

          a) utilizza il 20 per cento dei fondi derivanti dall'applicazione dell'articolo 176 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni, per il finanziamento di attività promozionali in materia di salute e sicurezza;

          b) coordina i piani di azione e le attività di sostegno dell'INAIL, dell'ISPESL e dell'Istituto italiano di medicna sociale che sono individuati annualmente nell'ambito della Commissione di cui all'articolo 35, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

Capo IX
DOCUMENTAZIONE TECNICO-AMMINISTRATIVA E STATISTICHE DEGLI INFORTUNI E DELLE MALATTIE PROFESSIONALI

Art. 38.
(Tenuta della documentazione).

      1. È consentito l'impiego di sistemi di elaborazione automatica dei dati per la

 

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memorizzazione di qualunque tipo di documentazione prevista dalla presente legge.
      2. Le modalità di memorizzazione dei dati e di accesso al sistema di gestione della documentazione di cui al comma 1 devono essere tali da assicurare che:

          a) l'accesso alle funzioni del sistema sia consentito solo ai soggetti a ciò espressamente abilitati dal datore di lavoro;

          b) la validazione delle informazioni inserite sia consentita solo alle persone responsabili, in funzione della natura dei dati;

          c) le operazioni di validazione dei dati di cui alla lettera b) siano univocamente riconducibili alle persone responsabili che le hanno effettuate mediante la memorizzazione di un codice identificativo autogenerato dagli stessi;

          d) le eventuali informazioni di modifica, ivi comprese quelle inerenti alle generalità e ai dati occupazionali del lavoratore, siano solo aggiuntive a quelle già memorizzate;

          e) sia possibile riprodurre su supporti a stampa, sulla base dei singoli documenti, ove previsti dalla presente legge, le informazioni contenute nei supporti di memoria;

          f) le informazioni siano conservate almeno su due distinti supporti informatici di memoria e siano implementati programmi di protezione e di controllo del sistema da codici virali;

          g) sia redatta, a cura dell'esercente del sistema, una procedura in cui siano dettagliatamente descritte le operazioni necessarie per la gestione del sistema medesimo. Nella procedura non devono essere riportati i codici di accesso.

      3. Nel caso di aziende articolate su vari sedi geografiche o su distinti settori funzionali, l'accesso ai dati può avvenire mediante reti di comunicazione elettronica, fermo restando quanto previsto al comma 2 relativamente all'immissione e alla validazione dei dati da parte delle persone responsabili.

 

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      4. La documentazione, sia su supporto cartaceo che informatico, deve essere custodita nel rispetto del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni.

Art. 39.
(Comunicazioni e trasmissione di documentazione).

      1. La trasmissione di documentazione e le comunicazioni a enti o ad amministrazioni pubblici, comunque previste dalla presente legge, possono avvenire tramite sistemi informatizzati, nel formato e con le modalità indicati dalle strutture riceventi.

Art. 40.
(Statistiche degli infortuni e delle malattie professionali).

      1. L'INAIL e l'ISPESL si forniscono reciprocamente i dati relativi agli infortuni e alle malattie professionali anche con strumenti telematici.
      2. L'INAIL e l'ISPESL indicono una conferenza permanente di servizio per assicurare il necessario coordinamento in relazione a quanto previsto dall'articolo 7, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, nonché per verificare l'adeguatezza dei sistemi di prevenzione e assicurativi, e per studiare e proporre soluzioni normative e tecniche atte a ridurre il fenomeno degli infortuni e delle malattie professionali.
      3. I criteri per la raccolta e l'elaborazione delle informazioni relative ai rischi e ai danni derivanti da infortunio durante l'attività lavorativa sono individuati nelle norme UNI, riguardanti i parametri per la classificazione dei casi di infortunio e i criteri per il calcolo degli indici di frequenza e gravità, e loro successivi aggiornamenti.
      4. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della salute, sentita la Commissione di cui

 

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all'articolo 35, possono essere individuati i criteri integrativi di quelli di cui al comma 3 in relazione a particolari rischi.
      5. I criteri per la raccolta e l'elaborazione delle informazioni relative ai rischi e ai danni derivanti dalle malattie professionali, nonché ad altre malattie e forme patologiche eziologicamente collegate al lavoro, sono individuati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della salute, sentita la Commissione di cui all'articolo 35, sulla base delle norme di buona tecnica.

TITOLO II
LUOGHI DI LAVORO

Art. 41.
(Definizioni).

      1. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al presente titolo si intendono per luoghi di lavoro i luoghi destinati a contenere posti di lavoro, ubicati all'interno dell'azienda o dell'unità produttiva, nonché ogni altro luogo accessibile da parte dei lavoratori nell'ambito delle proprie attività.
      2. Le disposizioni del presente titolo non si applicano:

          a) ai mezzi di trasporto;

          b) alle industrie estrattive;

          c) ai pescherecci;

          d) ai campi, boschi e altri terreni facenti parte di una impresa agricola o forestale, ma situati fuori dall'area edificata dell'azienda.

Art. 42.
(Requisiti di sicurezza e di salute).

      1. I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti generali di salute e sicurezza di cui all'allegato III o, qualora si tratti di cantieri temporanei o mobili, a quelle di cui all'allegato IV.

 

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      2. I luoghi di lavoro realizzati secondo le norme di buona tecnica di cui all'articolo 5, comma 1, lettera n), si considerano rispondenti ai requisiti di cui al comma 1 del presente articolo.
      3. Le disposizioni legislative relative a elementi di natura tecnica di cui ai titoli II e VI del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, ai capi II, III, VIII e IX del decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, e ai capi I, II, III, IV, V, VI, VII VIII, IX e XI del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 320, e successive modificazioni, si considerano norme di buona tecnica.
      4. Le disposizioni legislative relative alle procedure di sicurezza contenute nelle normative richiamate al comma 3 si considerano buone prassi.

Art. 43.
(Obblighi del datore di lavoro).

      1. Fermo restando quanto disposto dal titolo I il datore di lavoro provvede affinché:

          a) i luoghi di lavoro siano rispondenti ai requisiti generali di cui all' articolo 42, comma 1;

          b) siano adottate, previa consultazione del rappresentante per la sicurezza, le misure alternative che garantiscano un livello di sicurezza equivalente, qualora vincoli urbanistici o architettonici ostino all'attuazione di quanto previsto alla lettera a). Le misure, nel caso di cui alla presente lettera, sono autorizzate dall'organo di vigilanza competente per territorio;

          c) le vie di circolazione che conducono a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite o le uscite di emergenza medesime siano sgombre allo scopo di consentirne l'utilizzo in ogni momento;

          d) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi siano sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;

 

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          e) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi siano sottoposti a regolare pulitura, al fine di assicurare condizioni igieniche adeguate;

          f) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla prevenzione o all'eliminazione dei pericoli, siano sottoposti a regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento.

Art. 44.
(Locali sotterranei).

      1. È vietato adibire al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei.
      2. In deroga a quanto previsto dal comma 1, possono essere destinati al lavoro locali sotterranei o semisotterranei, quando ricorrono particolari esigenze tecniche. In tali casi il datore di lavoro provvede ad assicurare idonee condizioni di aerazione, di illuminazione e microclimatiche.
      3. L'organo di vigilanza può consentire l'uso dei locali sotterranei e semisotterranei anche per altre lavorazioni per le quali non ricorrono le esigenze tecniche, quando tali lavorazioni non diano luogo ad emissioni di agenti nocivi, sempre che siano rispettate le norme della presente legge e si sia provveduto ad assicurare le condizioni di cui al comma 2.

TITOLO III
ATTREZZATURE DI LAVORO

Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 45.
(Definizioni).

      1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente titolo si intende per:

          a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio, utensile o impianto destinato ad essere usato durante il lavoro;

 

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          b) uso di un'attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione lavorativa connessa ad un'attrezzatura di lavoro, quali la messa in servizio o fuori servizio, l'impiego, il trasporto, la riparazione, la trasformazione, la manutenzione, la pulizia, lo smontaggio;

          c) zona pericolosa: qualsiasi zona all'interno ovvero in prossimità di un'attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di un lavoratore costituisce un rischio per la salute o la sicurezza dello stesso;

          d) lavoratore esposto: qualsiasi lavoratore che si trova in una zona pericolosa;

          e) operatore: il lavoratore incaricato dell'uso di un'attrezzatura di lavoro;

          f) lavoro in quota: attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 metri rispetto a un piano stabile.

Art. 46.
(Requisiti di sicurezza).

      1. Le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono essere conformi alle relative norme legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, emanate ai sensi del Trattato istitutivo della Comunità europea.
      2. In assenza delle disposizioni legislative e regolamentari di cui al comma 1, le attrezzature di lavoro devono essere conformi ai requisiti generali di sicurezza di cui all'allegato V.
      3. Tutte le attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori antecedentemente alla data di entrata in vigore delle norme legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di cui al comma 1 devono essere conformi ai requisiti generali di sicurezza di cui al comma 2.
      4. Le attrezzature di lavoro rispondenti alle norme di buona tecnica di cui all'articolo 5,

 

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comma 1, lettera n), si considerano conformi ai requisiti di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo.
      5. Le disposizioni legislative di carattere costruttivo di cui ai titoli II, III, IV, V e VI del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, ai capi II, IV, V, VI e VII del decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n.164, ai capi II, III e IV del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 320, e successive modificazioni, all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 323, e al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 2 settembre 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 242 del 23 settembre 1968, si considerano norme di buona tecnica.
      6. Le disposizioni legislative relative a procedure organizzative e comportamentali di sicurezza e salute contenute nella normativa richiamata al comma 5 si considerano buone prassi.

Art. 47.
(Obblighi del datore di lavoro).

      1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi e rispondenti ai requisiti di idoneità ai fini della salute e della sicurezza, di cui all'articolo 46.
      2. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro, il datore di lavoro prende in considerazione:

          a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;

          b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;

          c) i rischi derivanti dall'impiego delle stesse attrezzature di lavoro.

      3. Qualora non sia possibile assicurare pienamente, in applicazione delle disposizioni di cui al comma 2, la sicurezza e la salute degli operatori e dei lavoratori

 

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esposti durante l'uso delle attrezzature di lavoro, il datore di lavoro adotta le misure tecniche e organizzative adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle medesime attrezzature di lavoro.
      4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano:

          a) installate in conformità alle istruzioni del fabbricante;

          b) utilizzate correttamente in conformità a quanto previsto dall'allegato VI e al comma 6 dell'articolo 46;

          c) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la rispondenza ai requisiti generali di sicurezza di cui all'allegato V e corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d'uso.

      5. Qualora le attrezzature di lavoro richiedano per il loro impiego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi specifici, il datore di lavoro si assicura che:

          a) l'uso dell'attrezzatura di lavoro sia riservato ai lavoratori allo scopo incaricati;

          b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, i lavoratori interessati siano qualificati in maniera specifica per svolgere tali compiti.

      6. Il datore di lavoro, secondo la normativa vigente, provvede affinché le attrezzature di lavoro di cui all'allegato VII siano sottoposte:

          a) a verifica iniziale dopo ogni installazione, al fine di assicurarne il corretto montaggio e il buon funzionamento;

          b) a verifiche periodiche, secondo quanto stabilito nell'allegato VII;

          c) a verifiche straordinarie, al fine di garantire il mantenimento di buone condizioni di sicurezza, ogni volta che intervengano eventi eccezionali che possano avere conseguenze pregiudizievoli per la sicurezza delle attrezzature di lavoro, quali trasformazioni, incidenti, fenomeni naturali o periodi prolungati di inattività.

 

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      7. I risultati delle verifiche di cui al comma 6 devono essere riportati per iscritto e, almeno quelli relativi alle ultime tre verifiche, devono essere conservati e tenuti a disposizione degli organi di vigilanza.
      8. Qualora le attrezzature di lavoro sottoposte alle verifiche di cui al comma 6 siano usate al di fuori dell'impresa devono essere accompagnate da un documento attestante l'esecuzione dell'ultima verifica.

Art. 48.
(Obblighi del datore di lavoro per l'uso di attrezzature nei lavori temporanei in quota).

      1. Il datore di lavoro, nei casi in cui i lavori temporanei in quota non possano essere eseguiti in condizioni di sicurezza e in condizioni ergonomiche adeguate, sceglie le attrezzature di lavoro più idonee a garantire e a mantenere condizioni di lavoro sicure, in conformità ai seguenti criteri:

          a) priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale, in particolare, mediante solidi parapetti sufficientemente alti dotati almeno di un fermapiede, di un corrimano e di un corrente intermedio o di altro mezzo equivalente;

          b) dimensioni delle attrezzature di lavoro confacenti alla natura dei lavori da eseguire, alle sollecitazioni prevedibili e ad una circolazione priva di rischi.

      2. L'utilizzo da parte del datore di lavoro per i lavori temporanei in quota di scale a pioli, di ponteggi e di sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi deve essere conforme alle prescrizioni minime di sicurezza di cui all'allegato VIII.

Art. 49.
(Informazione e formazione).

      1. Nell'adempimento degli obblighi di cui agli articoli 28 e 29, il datore di lavoro provvede affinché, per ogni attrezzatura di lavoro messa a disposizione, i lavoratori

 

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incaricati dell'uso dispongano di ogni necessaria informazione e istruzione e ricevano una formazione adeguata in rapporto alla sicurezza relativamente:

          a) alle condizioni di impiego delle attrezzature di lavoro anche sulla base delle conclusioni eventualmente tratte dalle esperienze acquisite nella fase di utilizzazione delle medesime attrezzature;

          b) alle situazioni anormali prevedibili.

      2. Il datore di lavoro provvede altresì a informare i lavoratori sui rischi cui sono esposti durante l'uso delle attrezzature di lavoro, sulle attrezzature di lavoro presenti nell'ambiente immediatamente circostante, anche se da essi non usate direttamente, nonché sui cambiamenti di tali attrezzature.
      3. Le informazioni e le istruzioni d'uso devono risultare comprensibili ai lavoratori interessati.
      4. Il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori incaricati dell'uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilità particolari, di cui all'articolo 47, comma 5, ricevano una formazione adeguata e specifica che li metta in grado di usare tali attrezzature in modo idoneo e sicuro anche in relazione ai rischi causati ad altre persone.
      5. In sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono individuati i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi e i requisiti minimi di validità della formazione di cui ai punti 3.6 e 4.1, lettera f), dell'allegato VIII.

Capo II
PONTEGGI METALLICI FISSI

Art. 50.
(Autorizzazione alla costruzione e all'impiego).

      1. La costruzione e l'impiego dei ponteggi le cui strutture portanti sono costituite

 

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totalmente o parzialmente da elementi metallici sono disciplinati dalle norme del presente capo.
      2. Per ciascun tipo di ponteggio metallico il fabbricante deve chiedere al Ministero del lavoro e della previdenza sociale l'autorizzazione all'impiego, corredando la domanda di una relazione nella quale devono essere specificati gli elementi di cui all'articolo 51.
      3. L'autorizzazione di cui al comma 2 è soggetta a rinnovo ogni dieci anni per verificare l'adeguatezza del ponteggio all'evoluzione del progresso tecnico.
      4. Chiunque intende impiegare ponteggi metallici deve farsi rilasciare dal fabbricante copia conforme dell'autorizzazione di cui al comma 2 del presente articolo, nonché delle istruzioni e degli schemi elencati all'articolo 51, comma 1, lettere d), e), f) e g).

Art. 51.
(Relazione tecnica).

      1. La relazione di cui all'articolo 50, comma 2, deve contenere:

          a) la descrizione degli elementi che costituiscono il ponteggio, le loro dimensioni con le tolleranze ammissibili e lo schema dell'insieme;

          b) le caratteristiche di resistenza dei materiali impiegati e i coefficienti di sicurezza adottati per i singoli materiali;

          c) l'indicazione delle prove di carico, a cui sono stati sottoposti i vari elementi;

          d) il calcolo del ponteggio secondo varie condizioni di impiego;

          e) le istruzioni per le prove di carico del ponteggio;

          f) le istruzioni per il montaggio, l'impiego e lo smontaggio del ponteggio;

          g) gli schemi tipo di ponteggio con l'indicazione dei massimi ammessi di sovraccarico, di altezza dei ponteggi e di larghezza degli impalcati per i quali non

 

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sussiste l'obbligo del calcolo per ogni singola applicazione.

Art. 52.
(Progetto).

      1. I ponteggi metallici di altezza superiore a 24 metri e le altre opere provvisionali, costituite da elementi metallici, o di notevole importanza e complessità in rapporto alle loro dimensioni e ai sovraccarichi, devono essere eretti in base a un progetto comprendente:

          a) il calcolo eseguito secondo le istruzioni approvate nell'autorizzazione ministeriale;

          b) il disegno esecutivo.

      2. Dal progetto di cui al comma 1, che deve essere firmato da un ingegnere o da un architetto abilitato a norma di legge all'esercizio della professione, deve risultare quanto occorre per definire il ponteggio nei riguardi dei carichi, delle sollecitazioni e dell'esecuzione.
      3. Copia dell'autorizzazione ministeriale di cui all'articolo 50 e copia del progetto e dei disegni esecutivi di cui al comma 1 del presente articolo devono essere tenute ed esibite, a richiesta degli organi di vigilanza, nei cantieri in cui vengono usati i ponteggi e le opere provvisionali di cui al citato comma 1.

Art. 53.
(Disegno).

      1. Il datore di lavoro, nei cantieri in cui vengono usati ponteggi metallici, deve curare che sia tenuta ed esibita a richiesta degli organi di vigilanza, copia dell'autorizzazione di cui all'articolo 50 e copia del disegno esecutivo di cui all'articolo 52, dai quali risultino:

          a) l'indicazione del tipo di ponteggio usato;

 

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          b) le generalità e la firma del progettista, salvo che nei casi di cui all'articolo 51, comma 1, lettera g);

          c) i sovraccarichi massimi per metro quadrato di impalcato;

          d) l'indicazione degli appoggi e degli ancoraggi.

      2. Quando non sussiste l'obbligo del calcolo, ai sensi dell'articolo 51, comma 1, lettera g), in luogo delle indicazioni di cui al comma 1, lettera b), del presente articolo sono sufficienti le generalità e la firma del responsabile del cantiere.
      3. Il datore di lavoro provvede affinché le eventuali modifiche al ponteggio, che devono essere subito riportate sul disegno esecutivo, restino nell'ambito dello schema tipo che ha giustificato l'esenzione dall'obbligo del calcolo.

Art. 54.
(Nome del fabbricante).

      1. Gli elementi metallici dei ponteggi devono portare impressi, a rilievo o ad incisione, il nome o il marchio del fabbricante.

Art. 55.
(Manutenzione e revisione).

      1. Il datore di lavoro, prima della messa in servizio del ponteggio e successivamente ad intervalli periodici, nonché dopo qualsiasi modifica, ovvero a seguito di violente perturbazioni atmosferiche o scosse sismiche o nel caso di prolungata interruzione del lavoro e conseguente periodo di inutilizzazione del ponteggio o per qualsiasi altra causa che abbia potuto comprometterne la resistenza o la stabilità, deve assicurarsi della verticalità dei montanti, del giusto serraggio dei giunti, dell'efficienza degli ancoraggi e dei controventi, curando l'eventuale sostituzione o il rinforzo degli elementi inefficienti.

 

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TITOLO IV
IMPIANTI E APPARECCHIATURE ELETTRICI

Art. 56.
(Requisiti di sicurezza).

      1. Tutti i materiali, le apparecchiature e gli impianti elettrici devono essere costruiti, installati e mantenuti in modo da prevenire i rischi che possono derivare dal loro uso, anche in condizioni di funzionamento anomalo.
      2. I materiali, le apparecchiature e gli impianti costruiti e installati nel rispetto delle norme di buona tecnica di cui all'articolo 5, comma 1, lettera n), si considerano conformi ai requisiti di cui al comma 1 del presente articolo.
      3. Le procedure di uso e di manutenzione di apparecchiature e di impianti elettrici e le procedure di intervento rispondenti alle buone prassi di cui all'articolo 5, comma 1, lettera o), si considerano conformi ai requisiti di cui comma 1 del presente articolo.

Art. 57.
(Obblighi del datore di lavoro).

      1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori materiali, apparecchiature e impianti elettrici e adotta procedure di uso e di manutenzione rispondenti ai requisiti di cui all'articolo 56.

Art. 58.
(Lavori sotto tensione).

      1. È vietato eseguire lavori sotto tensione.
      2. Si può derogare al divieto di cui al comma 1:

          a) per tensioni nominali non superiori a 1.000 V in corrente alternata e 1.500 V in corrente continua, purché:

              1) l'ordine di eseguire i lavori su parti in tensione sia dato dal capo responsabile;

 

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              2) siano adottate le necessarie misure atte a garantire l'incolumità dei lavoratori;

          b) per tensioni nominali superiori a 1.000 V in corrente alternata e 1.500 V in corrente continua, purché:

              1) i lavori su parti in tensione siano effettuati da aziende autorizzate a operare sotto tensione;

              2) i lavori su parti in tensione siano affidati a personale abilitato;

              3) sia osservato uno specifico piano di intervento.

Art. 59.
(Lavori in prossimità di linee elettriche nude).

      1. Quando occorre effettuare lavori in prossimità di linee elettriche o in prossimità di impianti con parti attive non protette si deve rispettare almeno una delle seguenti indicazioni:

          a) effettuare la messa fuori tensione e in sicurezza per tutta la durata dei lavori delle parti attive;

          b) applicare ostacoli rigidi che impediscano l'avvicinamento alle parti attive;

          c) tenere in permanenza persone, macchine operatrici, apparecchi di sollevamento, ponteggi e attrezzature a una distanza che non comporti contatti accidentali o esposizione a rischi di scariche elettriche.

Art. 60.
(Protezione dai fulmini).

      1. Il datore di lavoro provvede affinché gli edifici, gli impianti, le strutture e le attrezzature, quando esistono situazioni di rischio di esplosione, di incendio o di altra natura, siano protetti dagli effetti dei fulmini con sistemi di protezione realizzati secondo norme di buona tecnica.

 

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Art. 61.
(Verifiche).

      1. Il datore di lavoro provvede affinché gli impianti di terra, gli impianti di protezione dai fulmini e le installazioni elettriche nelle zone classificate 0, 1, 20 e 21 ai sensi dell'articolo 97 e dell'allegato XIII, parte F, della presente legge, nonché quelli nelle aree adibite a produzione, manipolazione e deposito di materie esplosive siano sottoposti a verifica secondo le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462.

TITOLO V
USO DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE

Art. 62.

(Definizioni).

      1. Si intende per dispositivo di protezione individuale (DPI) qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.
      2. Non sono DPI:

          a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore;

          b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;

          c) le attrezzature di protezione individuale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del personale incaricato dei servizi per il mantenimento dell'ordine pubblico;

          d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto stradali;

          e) i materiali sportivi;

 

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          f) i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione;

          g) gli apparecchi portatili per individuare e per segnalare rischi e fattori nocivi.

Art. 63.
(Disposizione generale).

      1. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, nonché da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro.

Art. 64.
(Obblighi del datore di lavoro).

      1. Il datore di lavoro, ai fini della scelta dei DPI:

          a) effettua l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi;

          b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché questi:

              1) siano adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un rischio maggiore;

              2) siano adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;

              3) tengano conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore;

              4) possano essere adattati all'utilizzatore secondo le sue necessità;

              5) in caso di rischi multipli che richiedono l'uso simultaneo di più DPI, questi siano tra loro compatibili e tali da mantenere, anche nell'uso simultaneo, la propria efficacia nei confronti del rischio o dei rischi corrispondenti;

          c) valuta, sulla base delle informazioni a corredo dei DPI fornite dal fabbricante

 

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e dei criteri di cui all'articolo 65, le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b);

          d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di valutazione.

      2. Il datore di lavoro, anche sulla base dei criteri di cui all'articolo 65, individua le condizioni in cui un DPI deve essere usato, specie per quanto riguarda la durata dell'uso, in funzione di:

          a) entità del rischio;

          b) frequenza dell'esposizione al rischio;

          c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore;

          d) prestazioni del DPI.

      3. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori i DPI conformi ai requisiti previsti dal decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, e successive modificazioni.
      4. Il datore di lavoro:

          a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni d'igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie;

          b) provvede affinché i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle informazioni del fabbricante;

          c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;

          d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze richiedano l'uso di uno stesso DPI da parte di più persone, prende misure adeguate affinché tale uso non ponga alcun problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori;

          e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo protegge;

 

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          f) rende disponibile nell'azienda o nell'unità produttiva informazioni adeguate su ogni DPI;

          g) assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario, uno specifico addestramento circa l'uso corretto e l'utilizzo pratico dei DPI. In ogni caso l'addestramento è indispensabile:

              1) per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, e successive modificazioni, appartiene alla terza categoria;

              2) per i DPI dell'udito.

Art. 65.
(Criteri per la scelta e l'uso).

      1. Ai fini della scelta e dell'uso dei DPI si tiene conto dei criteri indicativi di cui all'allegato IX e delle norme di buona tecnica in materia.

TITOLO VI
SEGNALETICA DI SICUREZZA

Art. 66.
(Campo di applicazione).

      1. Il presente titolo stabilisce le prescrizioni per la segnaletica di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro.
      2. Le disposizioni del presente titolo non si applicano alla segnaletica impiegata per regolare il traffico stradale, ferroviario, fluviale, marittimo e aereo.

Art. 67.
(Definizioni).

      1. Ai fini del presente titolo si intende per:

          a) segnaletica di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro, di seguito denominata

 

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«segnaletica di sicurezza»: una segnaletica che, riferita ad un oggetto, ad un'attività o ad una situazione determinata, fornisce una indicazione o una prescrizione concernente la sicurezza o la salute sul luogo di lavoro, e che utilizza, a seconda dei casi, un cartello, un colore, un segnale luminoso o acustico, una comunicazione verbale o un segnale gestuale;

          b) segnale di divieto: un segnale che vieta un comportamento che potrebbe far correre o causare un pericolo;

          c) segnale di avvertimento: un segnale che avverte di un rischio o di un pericolo;

          d) segnale di prescrizione: un segnale che prescrive un determinato comportamento;

          e) segnale di salvataggio o di soccorso: un segnale che fornisce indicazioni relative alle uscite di sicurezza o ai mezzi di soccorso o di salvataggio;

          f) segnale di informazione: un segnale che fornisce indicazioni diverse da quelle specificate alle lettere da b) ad e);

          g) cartello: un segnale che, mediante combinazione di una forma geometrica, di colori e di un simbolo o pittogramma, fornisce una indicazione determinata, la cui visibilità è garantita da una illuminazione di intensità sufficiente;

          h) cartello supplementare: un cartello impiegato con un cartello del tipo indicato alla lettera g) e che fornisce indicazioni complementari;

          i) colore di sicurezza: un colore al quale è assegnato un significato determinato;

          l) simbolo o pittogramma: un'immagine che rappresenta una situazione o che prescrive un determinato comportamento, impiegata su un cartello o su una superficie luminosa;

          m) segnale luminoso: un segnale emesso da un dispositivo costituito da materiale trasparente o semitrasparente, che è illuminato dall'interno o dal retro in

 

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modo da apparire esso stesso come una superficie luminosa;

          n) segnale acustico: un segnale sonoro in codice emesso e diffuso da un apposito dispositivo, senza impiego di voce umana o di sintesi vocale;

          o) comunicazione verbale: un messaggio verbale predeterminato, con impiego di voce umana o di sintesi vocale;

          p) segnale gestuale: un movimento o una posizione delle braccia o delle mani in forma convenzionale per guidare persone che effettuano manovre implicanti un rischio o un pericolo attuale per i lavoratori.

Art. 68.
(Obblighi del datore di lavoro).

      1. Quando, a seguito della valutazione effettuata in conformità all'articolo 7, risultano rischi che non possono essere evitati o sufficientemente limitati con misure, metodi o sistemi di organizzazione del lavoro, o con mezzi tecnici di protezione collettiva, il datore di lavoro fa ricorso alla segnaletica di sicurezza, in conformità alle prescrizioni di cui all'allegato X.
      2. Il datore di lavoro, per regolare il traffico all'interno dell'impresa o dell'unità produttiva, fa ricorso, se del caso, alla segnaletica prevista dalla legislazione vigente relativa al traffico stradale, ferroviario, fluviale, marittimo o aereo, fatto salvo quanto previsto nell'allegato X.

Art. 69.
(Informazione e formazione).

      1. Nell'ambito degli obblighi di cui agli articoli 28 e 29, il datore di lavoro provvede affinché:

          a) i rappresentanti per la sicurezza siano informati sulle misure da adottare riguardo alla segnaletica di sicurezza da impiegare sul luogo di lavoro;

 

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          b) i lavoratori ricevano una formazione adeguata, in particolare sotto forma di istruzioni precise concernenti il significato della segnaletica di sicurezza, in particolare quando questa implica l'uso di gesti o di parole, nonché i comportamenti generali e specifici da seguire.

TITOLO VII
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI

Art. 70.
(Campo di applicazione).

      1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività che comportano la movimentazione manuale dei carichi, da cui possa derivare il rischio di lesioni dorso-lombari o di altri infortuni per i lavoratori durante il lavoro.
      2. Si intende per:

          a) movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico che, per le sue caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comporta, tra l'altro, rischi di lesioni dorso-lombari;

          b) lesioni dorso-lombari: lesioni a carico delle strutture osteomiotendinee e nerveovascolari a livello dorso-lombare.

Art. 71.
(Obblighi dei datori di lavoro).

      1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie o ricorre a mezzi appropriati, in particolare ad attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori.
      2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad

 

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opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati o fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di tali carichi, tenendo conto di quanto disposto dall'allegato XI, e in particolare:

          a) organizza i posti di lavoro in modo che la movimentazione sia quanto più possibile sicura e sana;

          b) valuta, se possibile preliminarmente, le condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro e tiene conto in particolare delle caratteristiche del carico, in relazione a quanto disposto dall'allegato XI, punto 1;

          c) evita o riduce i rischi, in particolare di lesioni dorso-lombari, adottando le misure adeguate, considerando in particolare le caratteristiche dell'ambiente di lavoro e le esigenze connesse all'attività, in relazione a quanto disposto dall'allegato XI, punti 3 e 4;

          d) sottopone i lavoratori alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 23, sulla base della valutazione del rischio e dei fattori individuali di rischio di cui all'allegato XI, punto 5.

      3. Le norme di buona tecnica di cui all'articolo 5, comma 1, lettera n), si considerano conformi ai criteri indicati nell'allegato XI.

Art. 72.
(Informazione e formazione).

      1. Nell'ambito degli obblighi di cui agli articoli 28 e 29, il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni e assicura una formazione adeguata, in particolare per quanto riguarda:

          a) il peso di un carico;

          b) il centro di gravità o il lato più pesante nel caso in cui il contenuto di un imballaggio abbia una collocazione eccentrica;

 

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          c) la movimentazione corretta dei carichi e i rischi che i lavoratori corrono se queste attività non vengono eseguite in maniera corretta, tenuto conto degli elementi di cui all'allegato XI.

TITOLO VIII
USO DI ATTREZZATURE MUNITE DI VIDEOTERMINALI

Art. 73.
(Campo di applicazione).

      1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività lavorative che comportano l'uso di attrezzature munite di videoterminali.
      2. Le norme del presente titolo non si applicano ai lavoratori addetti:

          a) ai posti di guida di veicoli o di macchine;

          b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto;

          c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario all'utilizzazione da parte del pubblico;

          d) ai sistemi denominati «portatili» qualora non siano oggetto di utilizzazione prolungata in un posto di lavoro;

          e) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure, necessario all'uso diretto della stessa attrezzatura;

          f) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato.

Art. 74.
(Definizioni).

      1. Ai fini del presente titolo si intende per:

          a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal

 

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tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato;

          b) posto di lavoro: l'insieme che comprende le attrezzature munite di videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero con altro sistema di immissione dati, ovvero con software per l'interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse, comprendenti l'unità a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonché l'ambiente di lavoro immediatamente circostante;

          c) lavoratore: il lavoratore che utilizza un'attrezzatura munita di videoterminale in modo sistematico e abituale, per almeno venti ore settimanali, dedotte le interruzioni di cui all'articolo 77.

Art. 75.
(Requisiti di sicurezza e di salute).

      1. I posti di lavoro dei lavoratori di cui all'articolo 74, comma 1, lettera c), devono essere conformi ai requisiti minimi di cui all'allegato XII.
      2. I posti di lavoro conformi alle norme di buona tecnica di cui all'articolo 5, comma 1, lettera n), si considerano rispondenti ai requisiti minimi di cui al comma 1 del presente articolo.
      3. Le linee guida d'uso dei videoterminali di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 2 ottobre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 244 del 18 ottobre 2000, si considerano buone prassi.

Art. 76.
(Obblighi del datore di lavoro).

      1. Il datore di lavoro, all'atto della valutazione del rischio di cui all'articolo 7, analizza i posti di lavoro con particolare riguardo ai rischi per la vista e all'affaticamento fisico o mentale.

 

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      2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base alle valutazioni di cui al comma 1, tenendo conto della somma ovvero della combinazione dell'incidenza dei rischi riscontrati.

Art. 77.
(Svolgimento quotidiano del lavoro).

      1. Il lavoratore, qualora svolga la sua attività per almeno quattro ore consecutive, ha diritto ad un'interruzione dell'attività mediante pause ovvero cambiamento di attività.
      2. Le modalità delle interruzioni di cui al comma 1 sono stabilite dalla contrattazione collettiva anche aziendale.
      3. In assenza di una disposizione contrattuale riguardante l'interruzione di cui al comma 1, il lavoratore ha comunque diritto ad una pausa di quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa al videoterminale.
      4. Le modalità e la durata delle interruzioni possono essere stabilite temporaneamente a livello individuale ove il medico competente ne evidenzi la necessità.
      5. È comunque esclusa la cumulabilità delle interruzioni all'inizio e al termine dell'orario di lavoro.
      6. Nel computo dei tempi di interruzione non sono compresi i tempi di attesa della risposta da parte del sistema elettronico, che sono considerati, a tutti gli effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore non possa abbandonare il posto di lavoro.
      7. La pausa è considerata a tutti gli effetti parte integrante dell'orario di lavoro e, come tale, non è riassorbibile all'interno di accordi che prevedono la riduzione dell'orario complessivo di lavoro.

Art. 78.
(Sorveglianza sanitaria).

      1. Il lavoratore è sottoposto alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 23:

          a) prima di essere addetto alle attività di cui al presente titolo;

 

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          b) periodicamente, con la periodicità stabilita dal medico competente;

          c) allorché subentrino disturbi visivi attribuibili all'attività su videoterminale.

      2. Qualora il medico competente ne evidenzi la necessità, il lavoratore è sottoposto ad esami specialistici.
      3. Il datore di lavoro fornisce, a sue spese, al lavoratore i dispositivi speciali di correzione, in funzione dell'attività svolta, qualora i risultati degli esami di cui ai commi 1 e 2 ne evidenzino la necessità e non sia possibile utilizzare i dispositivi normali di correzione.

Art. 79.
(Informazione e formazione).

      1. Nell'ambito degli obblighi di cui agli articoli 28 e 29, il datore di lavoro fornisce ai lavoratori informazioni e assicura un'adeguata formazione, in particolare per quanto riguarda:

          a) le misure applicabili al posto di lavoro, in base ai requisiti di cui all'articolo 75;

          b) le modalità di svolgimento dell'attività;

          c) la protezione degli occhi e della vista.

TITOLO IX
PROTEZIONE DA AGENTI CHIMICI PERICOLOSI

Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI PER GLI AGENTI CHIMICI

Art. 80.
(Campo di applicazione).

      1. Il presente titolo determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori

 

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contro i rischi per la salute e la sicurezza che derivano, o possono derivare, dagli effetti di agenti chimici presenti sul luogo di lavoro o come risultato di ogni attività lavorativa che comporta la presenza di agenti chimici.
      2. I requisiti individuati dal presente titolo si applicano a tutti gli agenti chimici pericolosi che sono presenti sul luogo di lavoro, fatte salve le disposizioni relative agli agenti chimici per i quali trovano applicazione provvedimenti di protezione radiologica disciplinati dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni.
      3. Le disposizioni del presente titolo si applicano altresì al trasporto di agenti chimici pericolosi, fatte salve le disposizioni specifiche contenute nei decreti del Ministro dei trasporti e della navigazione 4 settembre 1996, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 282 del 2 dicembre 1996, e successive modificazioni, e 3 maggio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001, e successive modificazioni, nel decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 41, e successive modificazioni, nonché le disposizioni del codice marittimo internazionale per il trasporto delle merci pericolose (IMDG), del codice internazionale dell'IMO per la costruzione e le dotazioni delle navi addotte al trasporto alla rinfusa di prodotti chimici pericolosi (IBC) e del codice internazionale dell'IMO per la costruzione e le dotazioni delle navi adibite al trasporto alla rinfusa di gas liquefatti (IGC), della direttiva 2002/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2002, le disposizioni dell'Accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci pericolose per vie navigabili interne (ADN) e del Regolamento per il trasporto delle sostanze pericolose sul Reno (ADNR), come incorporate nella normativa comunitaria, e le istruzioni tecniche per il trasporto sicuro di merci pericolose vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge.
      4. Per le attività comportanti rischio di esposizione ad amianto si applicano le disposizioni particolari di cui al capo III.
 

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Art. 81.
(Definizioni).

      1. Ai fini del presente capo, si intende per:

          a) agenti chimici: tutti gli elementi o composti chimici, sia da soli sia nelle loro miscele, allo stato naturale od ottenuti, utilizzati o smaltiti, compreso lo smaltimento come rifiuti, mediante qualsiasi attività lavorativa, siano essi prodotti intenzionalmente o casualmente e siano essi immessi o non immessi sul mercato;

          b) agenti chimici pericolosi:

              1) gli agenti chimici classificati come sostanze pericolose ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni, nonché gli agenti che rispondono ai criteri di classificazione come sostanze pericolose di cui al medesimo decreto legislativo, indipendentemente dal fatto che tali sostanze siano classificate nell'ambito dello stesso decreto legislativo. Sono escluse le sostanze pericolose solo per l'ambiente;

              2) agenti chimici classificati come preparati pericolosi ai sensi del decreto legislativo 14 marzo 2003, n. 65, nonché gli agenti che rispondono ai criteri di classificazione come preparati pericolosi di cui al medesimo decreto legislativo, indipendentemente dal fatto che tali preparati siano classificati nell'ambito dello stesso decreto legislativo. Sono esclusi i preparati pericolosi solo per l'ambiente;

              3) agenti chimici che, pur non essendo classificabili come pericolosi ai sensi dei numeri 1) e 2), possono comportare un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori a causa di loro proprietà chimico-fisiche, chimiche o tossicologiche e del modo in cui sono utilizzati o presenti sul luogo di lavoro, ivi compresi gli agenti chimici cui è stato assegnato un valore limite di esposizione professionale;

          c) agenti cancerogeni:

              1) agenti chimici pericolosi di cui alla lettera b), che rispondono ai criteri

 

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per la classificazione quali categorie cancerogene 1 o 2 stabiliti ai sensi dei decreti legislativi richiamati nella stessa lettera b);

              2) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato XIII, parte A, nonché una sostanza o un preparato prodotti durante un processo previsto dal medesimo allegato XIII, parte A;

          d) agenti mutageni: agenti chimici pericolosi di cui alla lettera b), che rispondono ai criteri per la classificazione come categorie mutagene 1 o 2 ai sensi dei decreti legislativi richiamati nella stessa lettera b);

          e) attività che comporta la presenza di agenti chimici: ogni attività lavorativa in cui sono utilizzati agenti chimici, o se ne prevede l'utilizzazione, in ogni tipo di procedimento, compresi la produzione, la manipolazione, l'immagazzinamento, il trasporto o l'eliminazione e il trattamento dei rifiuti, o che risultino da tale attività lavorativa;

          f) valore limite di esposizione professionale: se non diversamente specificato, il limite della concentrazione media ponderata nel tempo di un agente nell'aria all'interno della zona di respirazione di un lavoratore in relazione a un determinato periodo di riferimento; un primo elenco di tali valori limite e il periodo di riferimento sono riportati nell'allegato XIII, parte B;

          g) valore limite biologico: il limite della concentrazione del relativo agente, di un suo metabolita, o di un indicatore di effetto, nell'appropriato mezzo biologico; un primo elenco di tali valori limite è riportato nell'allegato XIII, parte C.

Art. 82.
(Valutazione dei rischi).

      1. Nell'adempiere agli obblighi di cui all'articolo 7, il datore di lavoro determina preliminarmente l'eventuale presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro e, se presenti, valuta tutti i rischi per

 

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la sicurezza e la salute dei lavoratori derivanti da tali agenti, tenendo conto in particolare dei seguenti elementi:

          a) le loro proprietà pericolose;

          b) le informazioni sulla salute e la sicurezza comunicate dal produttore o dal fornitore tramite la scheda informativa in materia di sicurezza predisposta ai sensi dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni, e 14 marzo 2003, n. 65;

          c) le ulteriori informazioni, necessarie per la completa valutazione del rischio, che il fornitore o il produttore è tenuto a dare, anche ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Ministro della salute 7 settembre 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 252 del 26 ottobre 2002, e successive modificazioni;

          d) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione, tenendo conto delle possibili vie d'introduzione nell'organismo, compreso l'assorbimento cutaneo, anche in relazione allo stato di aggregazione degli agenti stessi;

          e) le circostanze in cui viene svolto il lavoro in presenza di tali agenti, comprese la quantità e la concentrazione degli stessi;

          f) i valori limite di esposizione professionale o i valori limite biologici;

          g) gli effetti delle misure preventive adottate o da adottare;

          h) le conclusioni tratte dalla sorveglianza sanitaria già in corso, se disponibili.

      2. Nella valutazione dei rischi devono essere incluse le attività, ivi compresa la manutenzione, per le quali è prevedibile la possibilità di esposizione significativa o che, per altri motivi, possono provocare effetti nocivi per la salute e la sicurezza, anche dopo che sono state adottate tutte le misure tecniche.
      3. La valutazione di cui al comma 1 del presente articolo individua le misure di prevenzione e protezione necessarie ai sensi dell'articolo 83 e, ove applicabile,

 

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dell'articolo 84 ed è documentata in conformità all'articolo 7, comma 2.
      4. Nelle attività comportanti rischio di esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni, il documento di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b), deve comprendere un'indicazione dettagliata dei seguenti elementi:

          a) le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o di preparati cancerogeni o mutageni o di processi di cui all'allegato XIII, parte A, con l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni o mutageni;

          b) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni o mutageni e le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come sostituti;

          c) i quantitativi di sostanze o di preparati cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati;

          d) il numero dei lavoratori esposti ad agenti cancerogeni o mutageni;

          e) la natura dell'esposizione di cui alla lettera d) e il grado della stessa, ove noto;

          f) le misure preventive e protettive applicate e il tipo dei DPI utilizzati.

      5. Il datore di lavoro aggiorna la valutazione, in particolare:

          a) in occasione di cambiamenti significativi che potrebbero averla resa superata;

          b) quando i risultati delle misurazioni di cui all'articolo 84 lo rendono necessario;

          c) quando i risultati della sorveglianza medica ne mostrano la necessità.

      6. Nel caso di attività lavorative che comportano l'esposizione a più agenti chimici pericolosi, i rischi sono valutati in base al rischio che comporta la combinazione di tutti i suddetti agenti chimici.
      7. Nel caso di un'attività nuova che comporta la presenza di agenti chimici pericolosi, tale attività può iniziare solo

 

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dopo che si è proceduto alla valutazione dei rischi che essa presenta e all'attuazione di misure di prevenzione.

Art. 83.
(Misure generali per la prevenzione dei rischi).

      1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 6, al fine di garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori in ogni attività che comporta la presenza di agenti chimici pericolosi, il datore di lavoro elimina o riduce al minimo i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori derivanti da tali agenti, adottando le seguenti misure:

          a) progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di lavoro;

          b) fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e relative procedure di manutenzione adeguate;

          c) riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero essere esposti, anche isolando le lavorazioni valutate come pericolose; i locali in cui si svolgono lavorazioni comportanti il rischio di esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni devono essere provvisti di adeguati segnali di avvertimento e di sicurezza e accessibili solo ai lavoratori che devono recarvisi per motivi connessi con la loro mansione o funzione;

          d) riduzione al minimo della durata e dell'intensità dell'esposizione;

          e) misure igieniche adeguate;

          f) riduzione al minimo della quantità di agenti presenti sul luogo di lavoro in funzione delle necessità della lavorazione;

          g) procedure di lavoro appropriate, comprese disposizioni che garantiscano la sicurezza nella manipolazione, nell'immagazzinamento e nel trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonché dei rifiuti che contengono tali agenti chimici;

 

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          h) sistematica e regolare pulitura dei locali, delle attrezzature e degli impianti, comunque adeguata al rischio;

          i) divieti di assumere cibi o bevande o di fumare nelle aree di lavoro;

          l) custodia in condizioni di sicurezza delle materie prime non in corso di lavorazione, dei residui e dei rifiuti, in particolare utilizzando contenitori muniti di una chiusura tale che, tenendo conto della volatilità degli agenti e del loro stato di aggregazione, non ne permetta l'emissione.

      2. Fatta eccezione per le attività comportanti la presenza di agenti cancerogeni o mutageni, se i risultati della valutazione del rischio dimostrano che, in relazione alle quantità di un agente chimico pericoloso presente sul luogo di lavoro, vi è solo un rischio lieve per la sicurezza e la salute dei lavoratori e che le misure adottate ai sensi del comma 1 del presente articolo sono sufficienti a ridurre il rischio, non si applicano le disposizioni di cui agli articoli 84, 85 e 87.

Art. 84.
(Misure specifiche di protezione e di prevenzione).

      1. Il datore di lavoro evita l'utilizzazione di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro, in particolare sostituendoli con altri agenti o processi che, nelle condizioni di uso, non sono o sono meno pericolosi per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
      2. Fermo restando quanto previsto al comma 1, il datore di lavoro, nelle attività comportanti rischio di esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni, se non è tecnicamente possibile sostituire tali agenti, provvede affinché la produzione o l'utilizzazione dell'agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema chiuso.
      3. Se il ricorso a quanto previsto nei commi 1 e 2 non è tecnicamente possibile anche in relazione alla natura dell'attività, il datore di lavoro, sulla base della valutazione dei rischi di cui all'articolo 82,

 

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provvede affinché l'esposizione sia ridotta per quanto tecnicamente possibile e, in ogni caso, a un livello non superiore al valore limite, mediante l'adozione delle seguenti misure nell'indicato ordine di priorità:

          a) progettazione di appropriati processi lavorativi e controlli tecnici, nonché uso di attrezzature e materiali adeguati;

          b) appropriate misure organizzative;

          c) misure di protezione collettiva alla fonte del rischio, quali adeguata ventilazione generale dell'ambiente di lavoro e aspirazione localizzata. In particolare, le attrezzature di lavoro che comportano pericoli dovuti ad emissioni di agenti chimici pericolosi sotto qualunque forma, quale gas, vapori, liquidi, aerosol, polveri o fibre, devono essere munite di idonei dispositivi di ritenuta o di captazione situati il più vicino possibile al punto di emissione;

          d) misure igieniche congrue con l'entità del rischio; in particolare, sulla base della valutazione del rischio e comunque nelle attività che comportano rischio di esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni, i lavoratori devono essere dotati di idonei indumenti protettivi da riporre in posti separati dagli abiti civili e i DPI devono essere custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi, prima di ogni nuova utilizzazione;

          e) misure di protezione individuale, compresi i DPI, qualora non si riesca a prevenire con altri mezzi l'esposizione;

          f) sorveglianza sanitaria dei lavoratori ai sensi dell'articolo 88.

      4. Nelle attività di cui al comma 2, il datore di lavoro, oltre alle misure previste al comma 3, limita al massimo la durata dell'esposizione dei lavoratori e permette l'accesso alle aree interessate soltanto alle persone autorizzate.
      5. Salvo che non possa dimostrare con altri mezzi il conseguimento di un adeguato

 

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livello di prevenzione e di protezione, il datore di lavoro provvede periodicamente, e ogni qualvolta sono modificate le condizioni di esposizione, ad effettuare la misurazione degli agenti che possono presentare un rischio per la salute, anche al fine di individuare eventuali esposizioni anomale. La misurazione è effettuata con metodiche standardizzate, di cui un elenco non esaustivo è riportato nell'allegato XIII, parte D, o, in mancanza, con metodiche appropriate, e con particolare riferimento ai valori limite di esposizione professionale e per periodi rappresentativi dell'esposizione stessa.
      6. Se è stato superato un valore limite di esposizione professionale, il datore di lavoro identifica e rimuove le cause dell'evento, adottando immediatamente le misure appropriate.
      7. I risultati delle misurazioni di cui al comma 5 sono allegati al documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b), e resi noti ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Il datore di lavoro tiene conto di tali misurazioni per l'adempimento degli obblighi di cui all'articolo 82 o conseguenti ad esso.
      8. Ai fini della protezione dei lavoratori dai rischi derivanti dalle proprietà chimico-fisiche degli agenti chimici, sulla base della valutazione dei rischi e dei princìpi generali di prevenzione, il datore di lavoro adotta le misure tecniche e organizzative adeguate alla natura delle operazioni, compresi l'immagazzinamento, la manipolazione e l'isolamento di agenti chimici incompatibili fra di loro; in particolare, il datore di lavoro previene sul luogo di lavoro la presenza di concentrazioni pericolose di sostanze infiammabili o di quantità pericolose di sostanze chimicamente instabili.
      9. Quando la natura dell'attività non consente di prevenire sul luogo di lavoro la presenza di concentrazioni pericolose di sostanze infiammabili o di quantità pericolose di sostanze chimicamente instabili, il datore di lavoro deve:

          a) evitare la presenza di fonti di accensione che potrebbero dare luogo a incendi o ad esplosioni, ovvero l'esistenza

 

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di condizioni avverse che potrebbero provocare danni fisici per i lavoratori ad opera di sostanze o miscele di sostanze chimicamente instabili;

          b) limitare, anche attraverso misure procedurali e organizzative, gli effetti pregiudizievoli sulla salute e nella sicurezza dei lavoratori in caso di incendio o di esplosione dovuti all'accensione di sostanze infiammabili, o derivanti da sostanze o miscele di sostanze chimicamente instabili.

      10. Il datore di lavoro mette a disposizione attrezzature di lavoro e adotta sistemi di protezione collettiva ed individuale conformi alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia, in particolare per quanto riguarda l'uso dei suddetti mezzi in atmosfere potenzialmente esplosive.
      11. Il datore di lavoro adotta le necessarie misure per assicurare un sufficiente controllo degli impianti, apparecchi e macchinari o mette a disposizione sistemi di soppressione delle esplosioni o dispositivi di sfogo della pressione di esplosione.
      12. In presenza di agenti chimici pericolosi che possono dare luogo alla formazione di atmosfere esplosive si applica il capo II.
      13. Le disposizioni legislative relative ad elementi di natura tecnica di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 302, e successive modificazioni, si considerano norme di buona tecnica. Le disposizioni legislative relative alle procedure di sicurezza contenute nel medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 302 del 1956 si considerano buone prassi.

Art. 85.
(Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze).

      1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 19 e 20, il datore di lavoro, per proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori dalle conseguenze di incidenti o di emergenze derivanti dalla presenza di

 

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agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro, predispone procedure di intervento adeguate da attuare al verificarsi di tali eventi. Tali misure comprendono esercitazioni di sicurezza da effettuare a intervalli regolari e la messa a disposizione di appropriati mezzi di primo soccorso.
      2. Nel caso di incidenti o di emergenza, il datore di lavoro adotta immediate misure dirette ad attenuarne gli effetti, in particolare misure di assistenza, di evacuazione e di soccorso, e ne informa i lavoratori. Il datore di lavoro adotta, inoltre, misure adeguate per porre rimedio nel più breve tempo possibile alla situazione.
      3. Ai lavoratori cui è consentito operare nell'area colpita o ai lavoratori indispensabili all'effettuazione delle riparazioni e delle attività necessarie sono forniti indumenti protettivi, DPI e idonee attrezzature di intervento, che devono essere utilizzate sino a quando persiste la situazione anomala.
      4. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per approntare sistemi d'allarme e altri sistemi di comunicazione necessari per segnalare tempestivamente l'incidente o l'emergenza.
      5. Le misure di emergenza devono essere contenute in un piano in cui sono, in particolare, inserite:

          a) informazioni preliminari sulle attività pericolose, sugli agenti chimici pericolosi, sulle misure per l'identificazione dei rischi, sulle precauzioni e sulle procedure, in modo tale che i servizi competenti per le situazioni di emergenza possano mettere a punto le relative procedure e misure precauzionali;

          b) qualunque altra informazione disponibile sui rischi specifici derivanti o che possano derivare dal verificarsi di incidenti o situazioni di emergenza, comprese le informazioni sulle procedure elaborate in base alle disposizioni del presente articolo.

      6. Nel caso di incidenti o di emergenza i soggetti non protetti devono immediatamente abbandonare la zona interessata.

 

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Art. 86.
(Informazione e formazione per i lavoratori).

      1. Fermo restando quanto previsto agli articoli 28 e 29, il datore di lavoro garantisce che i lavoratori o i loro rappresentanti dispongano di:

          a) dati ottenuti attraverso la valutazione del rischio e ulteriori informazioni ogni qualvolta modifiche importanti intervenute sul luogo di lavoro determinino un cambiamento dei medesimi dati;

          b) informazioni sugli agenti chimici pericolosi presenti sul luogo di lavoro, quali la loro identità, i rischi per la sicurezza e la salute, le misure igieniche da osservare, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al fumare, i valori limite di esposizione professionale relativi ai citati agenti e altre disposizioni normative ad essi relative;

          c) formazione ed informazioni sulle precauzioni e sulle azioni adeguate da intraprendere per proteggere loro stessi e altri lavoratori sul luogo di lavoro, ivi comprese la necessità di indossare e impiegare gli indumenti di lavoro ed i DPI messi a loro disposizione e il loro corretto impiego, nonché le misure da adottare per prevenire il verificarsi di incidenti e per ridurne al minimo le conseguenze;

          d) accesso a ogni scheda dei dati di sicurezza, di cui all'articolo 82, comma 1, lettere b) e c).

      2. Il datore di lavoro assicura che le informazioni siano:

          a) fornite in modo adeguato al risultato della valutazione dei rischi di cui all'articolo 82. Tali informazioni possono essere costituite da comunicazioni orali o dalla formazione e dall'addestramento individuali con il supporto di informazioni scritte, a seconda della natura e del grado di rischio rivelato dalla valutazione del rischio;

 

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          b) aggiornate per tenere conto del cambiamento delle situazioni.

      3. Qualora i contenitori e le condutture per gli agenti chimici pericolosi presenti sul luogo di lavoro, anche sotto forma di rifiuti, non siano contrassegnati in base a quanto disposto dalla legislazione vigente in materia di etichettatura degli agenti chimici e di segnali di sicurezza nel luogo di lavoro, il datore di lavoro provvede, senza pregiudizio delle deroghe previste nella medesima legislazione, affinché il contenuto dei contenitori e delle condutture, la natura dello stesso e tutti i pericoli ad esso connessi siano chiaramente identificabili.

Art. 87.
(Divieti).

      1. Sono vietati la produzione, la lavorazione e l'impiego sul luogo di lavoro degli agenti chimici pericolosi indicati nell'allegato XIII, parte E.
      2. Il divieto di cui al comma 1 non si applica se un agente chimico pericoloso è presente in un preparato, o quale componente di rifiuti, purché la concentrazione individuale sia inferiore al limite indicato nell'allegato XIII, parte E.
      3. In deroga al divieto di cui al comma 1, possono essere effettuate, previa autorizzazione, le seguenti attività:

          a) attività a fini esclusivi di ricerca e sperimentazione scientifica, ivi comprese le analisi;

          b) attività volte ad eliminare gli agenti chimici pericolosi presenti sotto forma di sottoprodotto o di rifiuti;

          c) produzione degli agenti chimici pericolosi destinati ad essere usati come intermedi.

      4. Ferme restando le disposizioni di cui al presente capo, nei casi di cui al comma 3, lettera c), il datore di lavoro evita l'esposizione dei lavoratori, stabilendo che la produzione e l'uso più rapido possibile

 

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degli agenti chimici pericolosi come prodotti intermedi avvengano in un unico sistema chiuso, dal quale gli stessi possono essere rimossi soltanto nella misura necessaria per il controllo del processo o per la manutenzione del sistema.
      5. Il datore di lavoro che intende effettuare le attività di cui al comma 3 invia una richiesta di autorizzazione al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, che la rilascia previa intesa con il Ministero della salute e con la regione interessata. La richiesta di autorizzazione deve essere corredata dalle seguenti informazioni:

          a) i motivi della richiesta di deroga;

          b) i quantitativi dell'agente chimico pericoloso da utilizzare annualmente;

          c) il numero dei lavoratori addetti;

          d) la descrizione delle attività e delle reazioni o dei processi;

          e) le precauzioni previste per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nonché le misure tecniche e organizzative adottate per prevenire l'esposizione dei lavoratori ad agenti chimici pericolosi.

Art. 88.
(Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche).

      1. Qualora l'esito della valutazione del rischio ne rilevi la necessità, i lavoratori esposti ad agenti chimici pericolosi, fatta eccezione per gli agenti pericolosi solo per la sicurezza, quali esplosivi, infiammabili e comburenti, sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 23, secondo le procedure previste all'allegato XIII, parte C, punto 2.
      2. La sorveglianza sanitaria viene effettuata:

          a) prima di adibire il lavoratore alla mansione che comporta l'esposizione ad agenti chimici pericolosi;

          b) periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicità diversa fissata dal

 

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medico competente con adeguata motivazione riportata nella cartella sanitaria, in funzione della valutazione del rischio e dei risultati della sorveglianza medica;

          c) all'atto della cessazione dell'attività comportante esposizione e, nel caso di agenti chimici pericolosi con effetti a lungo termine, per tutto il tempo ritenuto opportuno dal medico competente;

          d) all'atto della cessazione del rapporto di lavoro, qualora essa coincida con la cessazione dell'esposizione ad agenti chimici pericolosi. In tale occasione il medico competente deve fornire al lavoratore le eventuali indicazioni relative alle prescrizioni mediche da osservare.

      3. Il monitoraggio biologico è obbligatorio per i lavoratori esposti agli agenti per i quali è stato fissato un valore limite biologico nell'allegato XIII, parte C. Dei risultati di tale monitoraggio viene informato il lavoratore interessato.
      4. Gli accertamenti sanitari di cui al presente articolo devono essere a basso rischio per il lavoratore.
      5. Qualora la sorveglianza sanitaria evidenzi, in un lavoratore o in un gruppo di lavoratori esposti in maniera analoga ad uno stesso agente, l'esistenza di anomalie imputabili a tale esposizione o il superamento di un valore limite biologico, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
      6. Nel caso di cui al comma 5 il datore di lavoro:

          a) sottopone a revisione la valutazione dei rischi effettuata ai sensi dell'articolo 82;

          b) sottopone a revisione le misure predisposte per eliminare o per ridurre il rischio;

          c) tiene conto del parere del medico competente nell'attuazione delle misure necessarie per eliminare o per ridurre il rischio;

          d) adotta le misure necessarie affinché tutti gli altri lavoratori che hanno subìto un'esposizione simile siano sottoposti ad una visita medica straordinaria.

 

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Art. 89.
(Registro di esposizione e cartelle sanitarie e di rischio).

      1. Il medico competente provvede a istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di rischio, secondo quando previsto dall'articolo 24, comma 1, lettera c). Nella cartella sono, tra l'altro, riportati i valori di esposizione individuali comunicati dal datore di lavoro per il tramite del servizio di prevenzione e protezione.
      2. Il datore di lavoro, in caso di esposizione del lavoratore ad agenti cancerogeni o mutageni, oltre a quanto previsto al comma 1, tiene un registro aggiornato dei lavoratori addetti alle attività che, in base alla valutazione di cui all'articolo 82, comportano un rischio per la salute, indicando, per ciascuno dei lavoratori, l'attività svolta, l'agente cancerogeno o mutageno e, ove noto, il valore dell'esposizione a tale agente.
      3. Su richiesta, è fornita agli organi di vigilanza copia dei documenti di cui ai commi 1 e 2.
      4. In caso di cessazione del rapporto di lavoro la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato, unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 2, viene inviata all'ISPESL.
      5. L'ISPESL provvede a conservare i documenti di cui al comma 4 per un periodo di almeno quaranta anni dalla cessazione dell'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni e per un periodo di almeno dieci anni le cartelle sanitarie e di rischio relative ai lavoratori esposti agli altri agenti chimici pericolosi.

Art. 90.
(Registrazione dei tumori).

      1. È istituito presso l'ISPESL il registro nazionale dei casi di neoplasia di sospetta origine professionale.

 

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      2. Il registro di cui al comma 1 contiene, per ciascun lavoratore, almeno le seguenti informazioni:

          a) l'anamnesi lavorativa con l'indicazione del tipo di azienda, della mansione e della durata dell'esposizione all'agente, nonché il tipo di agente con il relativo livello di esposizione, se noto;

          b) la sede e il tipo di neoplasia.

      3. I medici competenti, le strutture sanitarie pubbliche e private, nonché gli istituti previdenziali assicurativi pubblici o privati, che redigono referti di casi di neoplasie da loro ritenute causate da esposizione lavorativa ad agenti cancerogeni o mutageni, trasmettono all'ISPESL, tramite strutture individuate dalle regioni, copia della relativa documentazione clinica o anatomopatologica nonché quella inerente l'anamnesi lavorativa.
      4. Le modalità di tenuta del registro nonché della raccolta e della trasmissione delle informazioni di cui al comma 3 sono determinate dall'ISPESL d'intesa con le regioni.

Capo II
DISPOSIZIONI PARTICOLARI PER LA PROTEZIONE DA ATMOSFERE ESPLOSIVE

Art. 91.
(Campo di applicazione).

      1. Il presente capo prescrive le misure per la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive definite ai sensi dell'articolo 92.
      2. Il presente capo si applica anche nei lavori in sotterraneo ove è presente un'area con atmosfere esplosive, oppure è prevedibile, sulla base di indagini geologiche, che tale area si possa formare nell'ambiente.
      3. Le disposizioni di cui al presente capo non si applicano:

          a) alle aree utilizzate per le cure mediche dei pazienti, nel corso della loro effettuazione;

 

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          b) all'uso di apparecchi a gas disciplinati dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1996, n. 661;

          c) alla produzione, manipolazione, uso, stoccaggio e trasporto di esplosivi o di sostanze chimicamente instabili;

          d) alle industrie estrattive di cui al decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624;

          e) all'impiego di mezzi di trasporto terrestre, marittimo, fluviale e aereo per i quali si applicano le pertinenti disposizioni di accordi internazionali tra i quali il regolamento per il trasporto delle sostanze pericolose sul Reno (ADNR), il regolamento relativo al trasporto internazionale di merci pericolose per vie navigabili interne (ADN), le norme emanate dall'Organizzazione per l'aviazione civile internazionale (ICAO) e dall'Organizzazione marittima internazionale (IMO) nonché la relativa normativa comunitaria di attuazione.

      4. Il presente capo si applica ai veicoli destinati a essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva.

Art. 92.
(Definizione).

      1. Ai fini del presente capo, per «atmosfera esplosiva» si intende una miscela con l'aria, a condizioni atmosferiche, di sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri in cui, dopo accensione, la combustione si propaga all'insieme della miscela incombusta.

Art. 93.
(Prevenzione e protezione contro le esplosioni).

      1. Ai fini della prevenzione e della protezione contro le esplosioni, sulla base della valutazione dei rischi e dei princìpi generali di tutela di cui all'articolo 6, il

 

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datore di lavoro adotta le misure di cui all'articolo 84, commi 8 e 9.
      2. Se necessario, le misure di cui al comma 1 sono combinate e integrate con altre misure contro la propagazione delle esplosioni e sono riesaminate periodicamente e, in ogni caso, ogniqualvolta si verifichino cambiamenti rilevanti.

Art. 94.
(Valutazione dei rischi di esplosione).

      1. Nell'assolvere gli obblighi di cui all'articolo 7, il datore di lavoro valuta i rischi specifici derivanti da atmosfere esplosive, tenendo conto almeno dei seguenti elementi:

          a) probabilità e durata della presenza di atmosfere esplosive;

          b) probabilità che le fonti di accensione, comprese le scariche elettrostatiche, siano presenti e divengano attive ed efficaci;

          c) caratteristiche dell'impianto, sostanze utilizzate, processi e loro possibili interazioni;

          d) entità degli effetti prevedibili.

      2. I rischi di esplosione sono valutati complessivamente.
      3. Nella valutazione dei rischi di esplosione sono presi in considerazione i luoghi che sono o possono essere in collegamento, tramite aperture, con quelli in cui possono formarsi atmosfere esplosive.

Art. 95.
(Obblighi generali).

      1. Al fine di salvaguardare la sicurezza e la salute dei lavoratori, e secondo i princìpi fondamentali della valutazione dei rischi e quelli di cui all'articolo 93, il datore di lavoro prende i provvedimenti necessari affinché:

          a) gli ambienti di lavoro nei quali possono svilupparsi atmosfere esplosive in

 

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quantità tale da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori o di altre persone siano strutturati in modo tale da permettere lo svolgimento del lavoro in condizioni di sicurezza;

          b) negli ambienti di lavoro in cui possono svilupparsi atmosfere esplosive in quantità tale da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori, durante la presenza dei lavoratori sia garantito un adeguato controllo in funzione della valutazione del rischio, mediante l'utilizzo di mezzi tecnici adeguati.

Art. 96.
(Coordinamento).

      1. Qualora nello stesso luogo di lavoro operino lavoratori di diverse imprese, ciascun datore di lavoro è responsabile per le questioni soggette al suo controllo.
      2. Fermi restando la responsabilità individuale di ciascun datore di lavoro e gli obblighi di cui all'articolo 10, il datore di lavoro responsabile del luogo di lavoro coordina l'attuazione di tutte le misure relative alla salute e alla sicurezza dei lavoratori e specifica, nel documento sulla protezione contro le esplosioni di cui all'articolo 98, l'obiettivo, le misure e le modalità di attuazione del predetto coordinamento.

Art. 97.
(Aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive).

      1. Il datore di lavoro ripartisce in zone, a norma dell'allegato XIII, parte F, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive.
      2. Il datore di lavoro assicura che per le aree di cui al comma 1 siano applicate le prescrizioni minime di cui all'allegato XIII, parte G.
      3. Se necessario, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive in quantità tali da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori sono segnalate nei punti di accesso.

 

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Art. 98.
(Documento sulla protezione contro le esplosioni).

      1. Nell'assolvere gli obblighi stabiliti dall'articolo 94 il datore di lavoro provvede a elaborare e a tenere aggiornato un documento sulla protezione contro le esplosioni.
      2. Il documento di cui al comma 1, in particolare, reca:

          a) l'individuzione e la valutazione dei rischi di esplosione;

          b) le misure che si intendono adottare per il raggiungimento degli obiettivi del presente capo;

          c) i luoghi che sono stati classificati nelle zone di cui all'allegato XIII, parte F;

          d) i luoghi in cui si applicano le prescrizioni minime di cui all'allegato XIII, parte G;

          e) la concessione, l'utilizzo e il mantenimento in efficienza dei luoghi e delle attrezzature di lavoro, compresi i dispositivi di allarme, tenendo nel debito conto la sicurezza;

          f) l'indicazione che, ai sensi del titolo III, sono stati adottati gli accorgimenti per l'impiego sicuro di attrezzature di lavoro.

      3. Il documento di cui al comma 1 è compilato prima dell'inizio dell'attività lavorativa ed è aggiornato qualora i luoghi di lavoro, le attrezzature o l'organizzazione del lavoro subiscano modifiche, ampliamenti o trasformazioni rilevanti.
      4. Il documento di cui al comma 1 è parte integrante del documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 7.

Art. 99.
(Termini per l'adeguamento).

      1. I luoghi di lavoro comprendenti aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive già utilizzati prima del 30 giugno 2003

 

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devono essere adeguati entro il 30 giugno 2008 alle prescrizioni minime stabilite dal presente capo.
      2. Il datore di lavoro che procede a modifiche, ampliamenti o trasformazioni dei luoghi di lavoro che comprendono aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive prende i necessari provvedimenti per assicurarsi che tali modifiche, ampliamenti o trasformazioni rispondano ai requisiti minimi di cui al presente capo.

Art. 100.
(Verifiche).

      1. Il datore di lavoro provvede affinché le installazioni elettriche nelle aree classificate come zone 0, 1, 20 o 21 ai sensi dell'articolo 97 e dell'allegato XIII, parte F, siano sottoposte alle verifiche di cui all'articolo 61.

Capo III
DISPOSIZIONI PARTICOLARI PER LA PROTEZIONE DA AMIANTO

Art. 101.
(Campo di applicazione).

      1. Le disposizioni del presente capo costituiscono recepimento della direttiva 2003/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 marzo 2003, di modifica della direttiva 83/477/CEE del Consiglio sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un'esposizione all'amianto durante il lavoro.
      2. Fermo restando quanto previsto dalla legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, le norme del presente capo si applicano alle attività lavorative che possono comportare il rischio di esposizione ad amianto, quali manutenzione, rimozione dell'amianto o dei materiali contenenti amianto, smaltimento e trattamento dei relativi rifiuti nonché bonifica delle aree interessate.

 

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Art. 102.
(Definizioni).

      1. Ai fini del presente capo con il termine «amianto» si intendono i seguenti silicati fibrosi:

          a) actinolite, numero di registro del Chemical Abstracts Service (CAS) 77536-66-4;

          b) grunerite di amianto (amosite) n. CAS 12172-73-5;

          c) antofillite, n. CAS 77536-67-5;

          d) crisotilo, n. CAS 12001-29-5;

          e) crocidolite, n. CAS 12001-28-4;

          f) tremolite, n. CAS 77536-68-6.

Art. 103.
(Individuazione della presenza di amianto).

      1. Prima di intraprendere lavori di demolizione o di manutenzione, il datore di lavoro adotta, anche chiedendo informazioni ai proprietari dei locali, ogni misura necessaria volta a individuare la presenza di materiali a potenziale contenuto di amianto; se vi è il minimo dubbio sulla presenza di amianto in un materiale o in una costruzione, si applicano le disposizioni previste dal presente capo.

Art. 104.
(Valutazione del rischio).

      1. Ai fini della valutazione di cui all'articolo 7, il datore di lavoro considera i rischi dovuti alla polvere proveniente dall'amianto e dai materiali contenenti amianto, al fine di stabilire la natura e il grado dell'esposizione e le misure preventive e protettive da attuare.
      2. Nei casi di esposizioni sporadiche e di debole intensità e a condizione che dalla valutazione dei rischi di cui all'articolo 7 risulti che il valore limite di esposizione

 

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all'amianto non sia comunque superato nell'aria dell'ambiente di lavoro, non si applicano gli articoli 105, 114 e 115, comma 2, nelle seguenti attività:

          a) brevi attività non continuative di manutenzione durante le quali il lavoro è effettuato solo su materiali non friabili;

          b) rimozione senza deterioramento di materiali non degradati nei quali le fibre di amianto sono fermamente legate ad una matrice;

          c) incapsulamento e confinamento di materiali contenenti amianto che si trovano in buono stato;

          d) sorveglianza e controllo dell'aria e prelievo dei campioni ai fini dell'individuazione della presenza di amianto in un determinato materiale.

      3. L'ISPESL, previa consultazione delle parti sociali, elabora linee guida per la determinazione delle esposizioni sporadiche e di debole intensità di cui al comma 2.
      4. Il datore di lavoro effettua una nuova valutazione ogniqualvolta si verifichino modifiche che possano comportare un mutamento significativo dell'esposizione dei lavoratori alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto

Art. 105.
(Notifica).

      1. Prima dell'inizio delle attività lavorative di cui all'articolo 101, comma 2, il datore di lavoro presenta una notifica all'organo di vigilanza competente per territorio.
      2. La notifica di cui al comma 1 comprende una descrizione sintetica dei seguenti elementi:

          a) ubicazione del cantiere;

          b) tipi e quantitativi di amianto manipolati;

          c) attività e procedimenti applicati;

 

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          d) numero di lavoratori interessati;

          e) data di inizio dei lavori e relativa durata;

          f) misure adottate per limitare l'esposizione dei lavoratori all'amianto.

      3. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti hanno accesso alla documentazione oggetto della notifica di cui al comma 1.
      4. Il datore di lavoro, ogniqualvolta una modifica delle condizioni di lavoro possa comportare un aumento significativo dell'esposizione alla polvere prodotta dall'amianto o da materiali contenenti amianto, effettua una nuova notifica.

Art. 106.
(Misure di prevenzione e protezione).

      1. Nelle attività di cui all'articolo 101, comma 2, l'esposizione dei lavoratori alla polvere prodotta dall'amianto o dai materiali contenenti amianto nel luogo di lavoro deve essere ridotta al minimo e, in ogni caso, al di sotto del valore limite di cui all'articolo 109, in particolare adottando le seguenti misure:

          a) il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti alla polvere prodotta dall'amianto o da materiali contenenti amianto deve essere limitato al numero più basso possibile;

          b) i processi lavorativi devono essere concepiti in modo da evitare di produrre polvere di amianto o, se ciò non sia possibile, da evitare emissione di polvere di amianto nell'aria;

          c) tutti i locali e le attrezzature per il trattamento dell'amianto devono essere sottoposti a regolare pulizia e manutenzione;

          d) l'amianto o i materiali che rilasciano polvere di amianto o che contengono amianto devono essere stoccati e trasportati in appositi imballaggi chiusi;

          e) i rifiuti devono essere raccolti e rimossi dal luogo di lavoro il più presto

 

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possibile in appropriati imballaggi chiusi su cui è apposta un'etichettatura indicante che contengono amianto. Tali rifiuti devono essere successivamente trattati ai sensi della normativa vigente in materia di rifiuti pericolosi.

Art. 107.
(Misure igieniche).

      1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 104, comma 2, per tutte le attività di cui all'articolo 101, comma 2, il datore di lavoro adotta le misure appropriate affinché:

          a) i luoghi in cui si svolgono tali attività siano:

              1) chiaramente delimitati e contrassegnati da appositi cartelli;

              2) accessibili esclusivamente ai lavoratori che vi devono accedere a motivo del loro lavoro o della loro funzione;

              3) oggetto di un divieto di fumare;

          b) siano predisposte aree speciali che consentano ai lavoratori di mangiare e di bere senza rischio di contaminazione da polvere di amianto;

          c) siano messi a disposizione dei lavoratori adeguati indumenti di lavoro o protettivi;

          d) gli indumenti di lavoro o protettivi restino all'interno dell'impresa. I predetti indumenti possono essere trasportati all'esterno solo per il lavaggio in lavanderie attrezzate per tale tipo di operazioni, in contenitori chiusi, qualora l'impresa stessa non vi provveda;

          e) gli indumenti di lavoro o protettivi siano riposti in un luogo separato da quello destinato agli abiti civili;

          f) i lavoratori possano disporre di impianti sanitari adeguati, provvisti di docce, in caso di operazioni in ambienti polverosi;

 

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          g) l'equipaggiamento protettivo sia custodito in locali destinati a tale scopo e controllato e pulito dopo ogni utilizzazione;

          h) l'equipaggiamento difettoso sia riparato o sostituito prima di una nuova utilizzazione.

Art. 108.
(Controllo dell'esposizione).

      1. Al fine di garantire il rispetto del valore limite di cui all'articolo 109 e in funzione dei risultati della valutazione iniziale dei rischi, il datore di lavoro effettua periodicamente la misurazione della concentrazione di fibre di amianto nell'aria del luogo di lavoro. I risultati delle misure sono riportati nel documento di valutazione dei rischi.
      2. Il campionamento deve essere rappresentativo dell'esposizione personale del lavoratore alla polvere prodotta dall'amianto o dai materiali contenenti amianto.
      3. I campionamenti sono effettuati previa consultazione dei lavoratori ovvero dei loro rappresentanti.
      4. Il prelievo dei campioni deve essere effettuato da personale in possesso di idonee qualifiche nell'ambito del servizio di cui all'articolo 14. I campioni prelevati sono successivamente analizzati con le metodologie previste dal comma 6 del presente articolo nei laboratori di cui all'articolo 5 del decreto del Ministro della sanità 14 maggio 1996, pubblicato nel supplemento ordinario n. 178 alla Gazzetta Ufficiale n. 251 del 25 ottobre 1996.
      5. La durata dei campionamenti deve essere tale da consentire di stabilire un'esposizione rappresentativa, per un periodo di riferimento di otto ore tramite misurazioni o calcoli ponderati nel tempo.
      6. Il conteggio delle fibre è effettuato di preferenza tramite microscopia a contrasto di fase, applicando il metodo raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) o qualsiasi altro metodo che offra risultati equivalenti.

 

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      7. Ai fini della misurazione dell'amianto nell'aria, di cui al comma 1, si prendono in considerazione unicamente le fibre che abbiano una lunghezza superiore a 5 micrometri e una larghezza inferiore a 3 micrometri e il cui rapporto tra lunghezza e larghezza sia superiore a 3 su 1.

Art. 109.
(Valore limite).

      1. Il valore limite di esposizione per l'amianto è fissato a 0,1 fibre per cm3 di aria, misurato come media ponderata nel tempo di riferimento di otto ore.
      2. Qualora il valore limite fissato al comma 1 venga superato, il datore di lavoro individua le cause del superamento e adotta nel più breve tempo possibile le misure appropriate per ovviare alla situazione. Il lavoro può proseguire nella zona interessata solo se sono adottate misure adeguate per la protezione dei lavoratori interessati.
      3. Per verificare l'efficacia delle misure di cui al comma 2, il datore di lavoro procede immediatamente ad una nuova misurazione della concentrazione di amianto nell'aria.
      4. In ogni caso, qualora l'esposizione non possa essere ridotta con altri mezzi e al fine di rispettare il valore limite, il datore di lavoro prevede l'uso di un DPI delle vie respiratorie. L'utilizzo del predetto dispositivo non può essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, deve essere limitata al minimo strettamente necessario.
      5. Nel caso di cui al comma 4, il datore di lavoro, di concerto con i lavoratori o con i loro rappresentanti, programma i periodi di riposo necessari, in funzione dell'impegno fisico e delle condizioni climatiche.

Art. 110.
(Operazioni lavorative particolari).

      1. Nel caso di operazioni lavorative in cui, nonostante l'adozione di misure tecniche preventive per limitare la concentrazione

 

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di amianto nell'aria, è prevedibile che l'esposizione dei lavoratori superi il valore limite di cui all'articolo 109, il datore di lavoro adotta adeguate misure per la protezione dei lavoratori addetti, e in particolare:

          a) fornisce ai lavoratori un adeguato dispositivo di protezione delle vie respiratorie e altri DPI e ne rende obbligatorio l'uso durante tali lavori;

          b) provvede all'affissione di cartelli per segnalare che si prevede il superamento del valore limite di esposizione;

          c) adotta le misure necessarie per impedire la dispersione della polvere al di fuori dei locali o dei luoghi di lavoro;

          d) consulta i lavoratori o i loro rappresentanti sulle misure da adottare prima di procedere alle operazioni di cui alle lettere a), b) e c).

Art. 111.
(Lavori di demolizione e di rimozione dell'amianto).

      1. I lavori di demolizione o di rimozione dell'amianto possono essere effettuati solo da imprese rispondenti ai requisiti di cui all'articolo 12, comma 4, della legge 27 marzo 1992, n. 257.
      2. Il datore di lavoro, prima dell'inizio di lavori di demolizione o di rimozione dell'amianto o di materiali contenenti amianto da edifici, strutture, apparecchi e impianti, nonché dai mezzi di trasporto, predispone un piano di lavoro.
      3. Il piano di cui al comma 2 prevede le misure necessarie per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro e la protezione dell'ambiente esterno.
      4. Il piano di cui al comma 2, in particolare, prevede e contiene informazioni su:

          a) rimozione dell'amianto o dei materiali contenenti amianto prima dell'applicazione delle tecniche di demolizione, a meno che tale rimozione non possa costituire

 

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per i lavoratori un rischio maggiore di quello rappresentato dal fatto che l'amianto o i materiali contenenti amianto vengano lasciati sul posto;

          b) fornitura ai lavoratori dei DPI;

          c) verifica dell'assenza di rischi dovuti all'esposizione all'amianto sul luogo di lavoro, al termine dei lavori di demolizione o di rimozione dell'amianto;

          d) adeguate misure per la protezione e per la decontaminazione del personale incaricato dei lavori;

          e) adeguate misure per la protezione dei terzi e per la raccolta e lo smaltimento dei materiali;

          f) adozione, nel caso in cui sia previsto il superamento del valore limite di cui all'articolo 109, delle misure di cui all'articolo 110, adattandole alle particolari esigenze del lavoro specifico;

          g) natura dei lavori e loro durata presumibile;

          h) luogo ove i lavori saranno effettuati;

          i) tecniche lavorative adottate per la rimozione dell'amianto;

          l) caratteristiche delle attrezzature o dei dispositivi che si intendono utilizzare ai fini di cui alle lettere d) ed e).

      5. Una copia del piano di cui al comma 2 è inviata all'organo di vigilanza, almeno un mese prima dell'inizio dell'attività lavorativa.
      6. L'invio della documentazione di cui al comma 4 del presente articolo sostituisce gli adempimenti di cui all'articolo 105.
      7. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti hanno accesso al piano di cui al comma 2.

Art. 112.
(Informazione dei lavoratori).

      1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 28, il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, prima che essi siano adibiti

 

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ad attività comportanti esposizione ad amianto, nonché ai loro rappresentanti, informazioni su:

          a) i rischi per la salute dovuti all'esposizione alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto;

          b) le specifiche norme igieniche da osservare, ivi compresa la necessità di non fumare;

          c) le modalità di pulitura e di uso degli indumenti protettivi e dei DPI;

          d) le misure di precauzione particolari da prendere per ridurre al minimo l'esposizione.

          e) l'esistenza del valore limite di cui all'articolo 109 e la necessità del monitoraggio ambientale.

      2. Oltre a quanto previsto al comma 1, qualora dai risultati delle misurazioni della concentrazione di amianto nell'aria emergano valori superiori al valore limite fissato dall'articolo 109, il datore di lavoro informa il più presto possibile i lavoratori interessati e i loro rappresentanti del superamento e delle cause dello stesso e li consulta sulle misure da adottare o, in caso d'urgenza, li informa delle misure adottate.

Art. 113.

(Formazione dei lavoratori).

      1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 29, il datore di lavoro assicura che tutti i lavoratori esposti o potenzialmente esposti a polveri contenenti amianto ricevano regolarmente una formazione sufficiente e adeguata.
      2. Il contenuto della formazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le conoscenze e le competenze necessarie in materia di prevenzione e di sicurezza, in particolare per quanto riguarda:

          a) le proprietà dell'amianto e i suoi effetti sulla salute, incluso l'effetto sinergico del tabagismo;

 

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          b) i tipi di prodotti o di materiali che possono contenere amianto;

          c) le operazioni che possono comportare un'esposizione all'amianto e l'importanza dei controlli preventivi per ridurre al minimo tale esposizione;

          d) le procedure di lavoro sicure, i controlli e le attrezzature di protezione;

          e) la funzione, la scelta, la selezione, i limiti e la corretta utilizzazione dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie;

          f) le procedure di emergenza;

          g) le procedure di decontaminazione;

          h) l'eliminazione dei rifiuti;

          i) la necessità della sorveglianza medica.

      3. I lavoratori addetti alla rimozione e allo smaltimento dell'amianto e alla bonifica delle aree interessate devono aver frequentato i corsi di formazione professionale di cui all'articolo 10, comma 2, lettera h), della legge 27 marzo 1992, n. 257.

Art. 114.
(Sorveglianza sanitaria).

      1. Ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 104, comma 2, i lavoratori esposti ad amianto sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 23.
      2. La sorveglianza sanitaria viene effettuata:

          a) prima di adibire il lavoratore alla mansione che comporta esposizione;

          b) periodicamente, almeno una volta ogni tre anni o con periodicità fissata dal medico competente con adeguata motivazione riportata nella cartella sanitaria, in funzione della valutazione del rischio e dei risultati della sorveglianza medica;

          c) all'atto della cessazione dell'attività comportante esposizione, per tutto il tempo ritenuto opportuno dal medico competente;

 

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          d) all'atto della cessazione del rapporto di lavoro ove coincidente con la cessazione dell'esposizione all'amianto. In tale occasione il medico competente deve fornire al lavoratore le eventuali indicazioni relative alle prescrizioni mediche da osservare.

      3. Gli accertamenti sanitari devono comprendere almeno l'anamnesi individuale, l'esame clinico generale e in particolare del torace nonché esami della funzione respiratoria, quali spirometria e curva flusso-volume.
      4. Il medico competente, sulla base dell'evoluzione delle conoscenze scientifiche e dello stato di salute del lavoratore, valuta l'opportunità di effettuare esami ulteriori rispetto a quelli previsti dal comma 3, quali la citologia dello sputo, l'esame radiografico del torace o la tomodensitometria.

Art. 115.
(Registro di esposizione e cartelle sanitarie e di rischio).

      1. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'articolo 114, provvede a istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di rischio, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 24, comma 1, lettera c). Nella cartella sono riportati, tra l'altro, i valori di esposizione individuali comunicati dal datore di lavoro per il tramite del servizio di prevenzione e protezione di cui all'articolo 14.
      2. Oltre a quanto previsto al comma 1 del presente articolo, il datore di lavoro, iscrive i lavoratori esposti nel registro di cui all'articolo 89, comma 2.
      3. Su richiesta, è fornita agli organi di vigilanza copia dei documenti di cui ai commi 1 e 2.
      4. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato, unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 2, è trasmessa all'ISPESL.

 

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      5. L'ISPESL provvede a conservare i documenti di cui al comma 4 per un periodo di quaranta anni dalla data di cessazione dell'esposizione.

Art. 116.
(Mesoteliomi).

      1. Nei casi accertati di mesotelioma asbesto-correlato si applicano le disposizioni di cui all'articolo 90.

TITOLO X
AGENTI BIOLOGICI

Art. 117.
(Campo di applicazione).

      1. Il presente titolo determina i requisiti minimi per la prevenzione e la protezione dei lavoratori contro i rischi per la sicurezza e la salute che derivano o che possono derivare dall'esposizione agli agenti biologici durante il lavoro.
      2. Restano ferme le disposizioni di cui al decreto legislativo 12 aprile 2001, n. 206, e successive modificazioni, sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati, e al decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati.

Art. 118.
(Definizioni).

      1. Ai fini del presente titolo, si intende per:

          a) agente biologico: qualsiasi microrganismo, anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che può provocare infezioni, allergie o intossicazione;

          b) microrganismo: qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in grado

 

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di riprodursi o di trasferire materiale genetico;

          c) coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro di cellule derivate da organismi pluricellulari.

Art. 119.
(Classificazione degli agenti biologici).

      1. Gli agenti biologici sono suddivisi in quattro gruppi di rischio, in funzione del livello del rischio di infezione:

          a) agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità di causare malattie in soggetti umani;

          b) agente biologico del gruppo 2: un agente che può causare malattie in soggetti umani e costituire un pericolo per i lavoratori, la cui propagazione nella comunità è impossibile e per il quale sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;

          c) agente biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituire un serio pericolo per i lavoratori, di cui esiste il rischio di propagazione nella comunità, ma per il quale di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;

          d) agente biologico del gruppo 4: un agente che provoca malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio pericolo per i lavoratori, per il quale esiste un elevato rischio di propagazione nella comunità e per il quale non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche.

      2. Gli agenti biologici classificati nei gruppi 2, 3 e 4 sono quelli elencati nella parte A dell'allegato XIV.
      3. Il Ministro della salute, con proprio decreto, provvede alla classificazione degli agenti biologici non ancora classificati che presentano o possono presentare un rischio per la salute umana, sulla base dei criteri di cui al comma 1.

 

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Art. 120.
(Valutazione dei rischi).

      1. Nella valutazione di cui all'articolo 7, il datore di lavoro considera la natura, il grado e la durata dell'esposizione dei lavoratori ad agenti biologici, al fine di valutare i rischi per la salute o la sicurezza dei lavoratori e individuare le misure di cui agli articoli 122 e 123.
      2. La valutazione di cui al comma 1 è effettuata sulla base di tutte le informazioni disponibili, considerando in particolare:

          a) la classificazione degli agenti biologici che presentano o possono presentare un pericolo per la salute umana, di cui all'allegato XIV, parte A;

          b) le raccomandazioni emanate dal Ministero della salute che segnalano la necessità di controllare un agente biologico per proteggere la salute dei lavoratori qualora questi siano o possano essere esposti a tale agente a causa della loro attività lavorativa;

          c) le informazioni sulle malattie che possono essere contratte a causa dell'attività lavorativa svolta;

          d) i potenziali effetti allergenici o tossigeni derivanti dall'attività lavorativa svolta;

          e) la conoscenza di una patologia da cui sia affetto un lavoratore e che sia da porre in relazione diretta con la sua attività lavorativa.

      3. Per i lavori che comportano un'esposizione ad agenti biologici appartenenti a gruppi diversi, i rischi sono valutati in base al pericolo presentato da tutti gli agenti biologici pericolosi presenti.
      4. Il datore di lavoro aggiorna periodicamente la valutazione di cui al comma 1 e, comunque, ogniqualvolta si verifichi un cambiamento di condizioni che possa influire sull'esposizione dei lavoratori agli agenti biologici.

 

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      5. Se la valutazione del rischio di cui al comma 1 evidenzia che l'esposizione effettiva o potenziale ad un agente biologico del gruppo 1 avviene senza rischio identificabile per la salute dei lavoratori, si applica esclusivamente il punto 1 dell'allegato XIV, parte B.
      6. Nelle attività non comportanti la deliberata intenzione di lavorare con agenti biologici o di utilizzarli, ma che possono implicare l'esposizione dei lavoratori a detti agenti, quali quelle riportate a titolo esemplificativo nell'allegato XIV, parte C, il datore di lavoro, in base ai risultati della valutazione dei rischi, può dimostrare la non necessità di applicare le disposizioni di cui agli articoli 121, 123, 125, 126, 129 e 130.

Art. 121.
(Sostituzione).

      1. Qualora il tipo di attività lavorativa lo consenta, il datore di lavoro evita l'utilizzazione di agenti biologici nocivi, sostituendoli con agenti biologici che, nelle condizioni in cui sono utilizzati, non siano nocivi o siano meno nocivi per la salute dei lavoratori.

Art. 122.
(Misure di prevenzione e protezione).

      1. Il datore di lavoro, qualora i risultati della valutazione di cui all'articolo 120 rivelino un rischio per la salute o la sicurezza dei lavoratori, evita l'esposizione di questi ultimi e, ove ciò non sia tecnicamente fattibile, la riduce al livello più basso necessario per proteggere adeguatamente la salute e la sicurezza dei lavoratori interessati, in particolare tramite le seguenti misure:

          a) limitazione al minimo indispensabile del numero dei lavoratori esposti o potenzialmente esposti;

          b) progettazione dei processi lavorativi e uso di misure tecniche al fine di evitare o di minimizzare l'emissione di agenti biologici sul luogo di lavoro;

 

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          c) misure collettive di protezione e misure di protezione individuale, qualora non sia possibile evitare altrimenti l'esposizione;

          d) misure igieniche compatibili con l'obiettivo di prevenire o di ridurre il trasferimento o la propagazione accidentale di un agente biologico al di fuori del luogo di lavoro;

          e) uso della segnaletica di sicurezza di cui al titolo VI e di altri segnali di avvertimento appropriati;

          f) elaborazione di procedure di emergenza per affrontare incidenti riguardanti agenti biologici, con particolare riferimento alle azioni da adottare per la protezione dei lavoratori contro l'esposizione ad agenti dei gruppi 3 o 4 in caso di difetto nel contenimento fisico;

          g) verifica, se è necessario e tecnicamente realizzabile, della presenza, al di fuori del contenimento fisico primario, di agenti biologici utilizzati sul lavoro;

          h) mezzi necessari per la raccolta, l'immagazzinamento e lo smaltimento dei rifiuti, da parte dei lavoratori, in condizioni di sicurezza, compreso l'impiego di contenitori sicuri e identificabili, eventualmente dopo trattamento adeguato;

          i) misure per la manipolazione e il trasporto di agenti biologici all'interno del luogo di lavoro in condizioni di sicurezza.

      2. Il datore di lavoro informa immediatamente l'organo di vigilanza di qualsiasi infortunio o incidente che può aver provocato la fuoriuscita di un agente biologico e che può causare infezioni o malattie gravi in soggetti umani.

Art. 123.
(Misure igieniche e di protezione individuale).

      1. Per le attività lavorative con agenti biologici che comportano un rischio per la

 

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salute e la sicurezza dei lavoratori il datore di lavoro adotta misure appropriate atte a garantire:

          a) che i lavoratori non mangino o bevano nelle aree di lavoro in cui esiste un rischio di contaminazione ad opera di agenti biologici;

          b) che i lavoratori siano dotati di adeguati indumenti protettivi o di altri adeguati indumenti speciali;

          c) che siano messi a disposizione dei lavoratori servizi igienici appropriati provvisti di docce con acqua calda e fredda, nonché eventualmente di vaschette per il lavaggio oculare, colliri e antisettici per la pelle;

          d) che i dispositivi di protezione necessari siano:

              1) correttamente riposti in un luogo ben determinato;

              2) controllati e puliti se possibile prima e, comunque, dopo ogni utilizzazione;

              3) riparati o sostituiti prima dell'uso ulteriore, se difettosi;

          e) che vengano definite procedure per prelevare, manipolare e trattare campioni di origine umana o animale;

          f) che i DPI, compresi gli indumenti protettivi di cui alla lettera b), che possono essere contaminati da agenti biologici, siano tolti quando il lavoratore lascia la zona di lavoro, riposti separatamente dagli altri indumenti, disinfettati, puliti e, se necessario, distrutti.

Art. 124.
(Informazione e formazione dei lavoratori).

      1. Nell'ambito degli obblighi di cui agli articoli 28 e 29, il datore di lavoro adotta le misure idonee affinché i lavoratori e i loro rappresentanti ricevano una formazione sufficiente e adeguata, sulla base di tutte le conoscenze disponibili, in particolare

 

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sotto forma di informazioni e di istruzioni relative a:

          a) i rischi potenziali per la salute;

          b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;

          c) le prescrizioni in materia di igiene;

          d) la necessità di indossare e di impiegare dispositivi e indumenti di protezione;

          e) le misure che i lavoratori devono adottare in caso di incidenti e per prevenirli.

      2. La formazione deve:

          a) essere fornita all'inizio di un lavoro che comporta un contatto con agenti biologici;

          b) essere adattata all'evoluzione dei rischi e all'insorgenza di nuovi rischi;

          c) essere periodicamente ripetuta, se necessario.

Art. 125.
(Informazione dei lavoratori in casi particolari).

      1. Il datore di lavoro fornisce sul luogo di lavoro istruzioni scritte e, se del caso, cartelli contenenti almeno la procedura da seguire nei seguenti casi:

          a) infortunio o incidente grave, relativo alla manipolazione di un agente biologico;

          b) manipolazione di un agente biologico del gruppo 4.

      2. I lavoratori segnalano immediatamente qualsiasi infortunio o incidente relativo alla manipolazione di agenti biologici al diretto superiore o al responsabile del servizio di prevenzione e protezione.
      3. Il datore di lavoro informa immediatamente i lavoratori e i loro rappresentanti di qualsiasi incidente o infortunio che può aver provocato la fuoriuscita di

 

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un agente biologico e che può provocare gravi infezioni o malattie, delle loro cause e delle misure adottate o da adottare per porre rimedio alla situazione.

Art. 126.
(Notifica).

      1. Il datore di lavoro che intende esercitare attività che comportano l'utilizzo di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4, notifica all'organo di vigilanza territorialmente competente, almeno un mese prima dell'inizio dei lavori:

          a) il nome e l'indirizzo dell'azienda o dell'unità produttiva e del suo titolare;

          b) il risultato della valutazione di cui all'articolo 120, incluse le misure di protezione e prevenzione ivi previste;

          c) il tipo di agente biologico.

      2. Il datore di lavoro invia un'ulteriore comunicazione preventiva qualora sia utilizzato, per la prima volta, un agente biologico del gruppo 4 non incluso nella comunicazione precedente, nonché nel caso di uso di qualsiasi nuovo agente classificato provvisoriamente nel gruppo 3 dallo stesso datore di lavoro.
      3. I laboratori che intendono fornire un servizio diagnostico per gli agenti biologici del gruppo 4 sono tenuti unicamente alla notifica iniziale della loro intenzione.
      4. Il datore di lavoro invia un'ulteriore comunicazione ogniqualvolta i processi o le procedure subiscano cambiamenti che possano incidere significativamente sulla situazione di sicurezza e salute dei lavoratori, come comunicate nella notifica precedente.
      5. Qualora le attività di cui al presente articolo comportino la presenza di microorganismi geneticamente modificati, la notifica di cui al comma 1 del presente articolo è sostituita dagli adempimenti previsti dall'articolo 7 del decreto legislativo 12 aprile 2001, n. 206.

 

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Art. 127.
(Misure specifiche per le strutture sanitarie e veterinarie diverse dai laboratori diagnostici).

      1. Nelle strutture sanitarie e veterinarie diverse dai laboratori diagnostici il datore di lavoro, in sede di valutazione dei rischi, presta particolare attenzione alla possibile presenza di agenti biologici nell'organismo dei pazienti o degli animali e nei relativi campioni e residui, nonché al rischio che tale presenza comporta in relazione al tipo di attività svolta.
      2. In relazione ai risultati della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro definisce e provvede affinché siano applicate procedure che consentono di manipolare, decontaminare ed eliminare senza rischi per l'operatore e per la comunità i materiali e i rifiuti contaminati.
      3. Nei servizi di isolamento che ospitano pazienti o animali che sono, o potrebbero essere, contaminati da agenti biologici del gruppo 3 o del gruppo 4, le misure di contenimento da attuare per ridurre al minimo il rischio di infezione sono indicate nell'allegato XIV, parte D, colonna B.

Art. 128.
(Misure specifiche per i processi industriali, i laboratori e gli stabulari).

      1. Nei laboratori, compresi i laboratori diagnostici, e nei locali destinati agli animali da laboratorio deliberatamente infettati da agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4 o che sono o potrebbero essere portatori di tali agenti, il datore di lavoro:

          a) nei laboratori in cui si svolgono lavori che implicano la manipolazione di agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4 a fini di ricerca, di sviluppo, didattici o diagnostici, determina le misure di contenimento in conformità all'allegato XIV, parte D, al fine di rendere minimo il rischio di infezione;

          b) a seguito della valutazione di cui all'articolo 120, determina le misure di contenimento in conformità dell'allegato

 

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XIV, parte D, previa fissazione del livello di contenimento fisico richiesto per gli agenti biologici in funzione del grado di rischio. Le attività che comportano la manipolazione di un agente biologico sono eseguite solo:

              1) in aree di lavoro corrispondenti almeno al secondo livello di contenimento, per gli agenti biologici del gruppo 2;

              2) in aree di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello di contenimento, per gli agenti biologici del gruppo 3;

              3) in aree di lavoro corrispondenti almeno al quarto livello di contenimento, per gli agenti biologici del gruppo 4;

          c) nei laboratori in cui si manipolano materie nelle quali è incerta la presenza di agenti biologici che possono causare patologie nell'uomo, ma senza l'obiettivo di lavorare procedendo alla coltivazione o concentrazione di agenti biologici in quanto tali, adotta almeno il secondo livello di contenimento. Il terzo e il quarto livello di contenimento sono adottati, se necessario, qualora sia nota o se ne sospetti la necessità, tranne il caso in cui il Ministero della salute indichi un livello di contenimento meno elevato.

      2. Nei processi industriali in cui si impiegano agenti biologici dei gruppi 2, 3 o 4, il datore di lavoro si attiene ai princìpi in materia di contenimento di cui al comma 1, lettera b), e adotta le misure e gli opportuni procedimenti di cui all'allegato XIV, parte B.
      3. Per le attività di cui ai commi 1 e 2 per le quali non è stato possibile procedere alla valutazione definitiva di un agente biologico, ma per le quali può sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori a causa dell'impiego previsto, il datore di lavoro adotta almeno il terzo livello di contenimento.

Art. 129.
(Sorveglianza sanitaria).

      1. Qualora l'esito della valutazione del rischio ne rilevi la necessità, i lavoratori

 

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esposti ad agenti biologici sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 23.
      2. La sorveglianza sanitaria viene effettuata:

          a) prima di adibire il lavoratore alla mansione che comporta esposizione;

          b) periodicamente, con periodicità fissata dal medico competente con adeguata motivazione riportata nella cartella sanitaria, in funzione della valutazione del rischio e dei risultati della sorveglianza sanitaria;

          c) all'atto della cessazione dell'attività comportante esposizione e, qualora si tratti di agenti con effetti a lungo termine, per tutto il tempo ritenuto opportuno dal medico competente;

          d) all'atto della cessazione del rapporto di lavoro ove coincidente con la cessazione dell'esposizione. In tale occasione il medico competente deve fornire al lavoratore le eventuali indicazioni relative alle prescrizioni mediche da osservare.

      3. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, individua i lavoratori per i quali sono necessarie, anche per motivi individuali, misure speciali di protezione, fra le quali la messa a disposizione di vaccini efficaci, da somministrare da parte del medico competente, previa informazione sui vantaggi e sugli inconvenienti sia della vaccinazione sia della non vaccinazione.
      4. Nel caso in cui dalla sorveglianza sanitaria si evidenzi in un lavoratore l'esistenza di anomalie imputabili all'esposizione ad agenti biologici, il medico competente valuta l'opportunità di estendere la sorveglianza agli altri lavoratori che sono stati esposti in modo analogo e ne informa il datore di lavoro.
      5. Nel caso di cui al comma 4 il datore di lavoro:

          a) sottopone a revisione la valutazione dei rischi di cui all'articolo 120;

          b) sottopone a revisione le misure predisposte per eliminare o per ridurre i rischi;

 

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          c) tiene conto del parere del medico competente ai fini dell'attuazione delle misure necessarie per eliminare o per ridurre il rischio;

          d) dispone che sia effettuata una visita medica straordinaria per tutti gli altri lavoratori che hanno subìto un'esposizione simile, su indicazione del medico competente.

Art. 130.
(Registro di esposizione e cartelle sanitarie e di rischio).

      1. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'articolo 129, provvede a istituire e ad aggiornare una cartella sanitaria e di rischio, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 24, comma 1 lettera c). Nella cartella è, tra l'altro, riportata la specie dell'agente biologico a cui il lavoratore è esposto.
      2. Il datore di lavoro tiene un registro aggiornato dei lavoratori esposti ad agenti biologici del gruppo 3 o 4 da cui risulti il tipo di lavoro svolto e, ove possibile, gli agenti biologici a cui sono stati esposti in precedenza, nonché l'annotazione degli eventuali casi di esposizione individuale.
      3. In caso di cessazione del rapporto di lavoro la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato, unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro di cui al comma 2, è trasmessa all'ISPESL.
      4. L'ISPESL provvede a conservare i documenti di cui al comma 3 per un periodo di almeno dieci anni dalla cessazione dell'esposizione ad agenti biologici. Il periodo di conservazione è di quaranta anni nel caso di agenti per i quali è noto che:

          a) possono provocare infezioni persistenti o latenti;

          b) non sono diagnosticabili fino a quando non si è sviluppata la malattia;

          c) hanno periodi di incubazione particolarmente lunghi prima dello sviluppo della malattia;

 

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          d) provocano malattie con recrudescenza periodica per lungo tempo;

          e) possono aversi gravi conseguenze a lungo termine.

Art. 131.
(Registrazione dei casi di malattie e di decesso).

      1. È istituito presso l'ISPESL il registro nazionale dei casi di malattia o di decesso dovuti all'esposizione ad agenti biologici.
      2. Il registro di cui al comma 1 contiene, per ciascun lavoratore, almeno le seguenti informazioni:

          a) anamnesi lavorativa con l'indicazione del tipo di azienda, della mansione, della durata dell'esposizione all'agente biologico e il tipo di agente;

          b) patologia sofferta.

      3. I medici competenti, le strutture sanitarie pubbliche e private, nonché gli istituti previdenziali assicurativi pubblici e privati, che refertano i casi di cui al comma 1, trasmettono all'ISPESL, tramite strutture individuate dalle regioni, copia della relativa documentazione clinica o anatomopatologica e quella inerente l'anamnesi lavorativa.
      4. Le modalità di tenuta del registro nonché di raccolta e di trasmissione delle informazioni di cui al comma 3 sono determinate dall'ISPESL d'intesa con le regioni.

TITOLO XI
AGENTI FISICI

Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 132.
(Campo di applicazione).

      1. Il presente titolo si applica a tutte le attività nelle quali i lavoratori sono esposti o possono essere esposti ad agenti fisici durante il lavoro.

 

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Art. 133.
(Definizione).

      1. Ai fini del presente titolo per agenti fisici si intendono il rumore, le vibrazioni meccaniche e le onde elettromagnetiche che possono comportare rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori.

Art. 134.
(Valutazione del rischio).

      1. Nell'ambito della valutazione di cui all'articolo 7, il datore di lavoro valuta tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti fisici e adotta le opportune misure di prevenzione e protezione.
      2. Per le attività comportanti esposizione a rumore si applica il capo II e per quelle comportanti esposizione a vibrazioni si applica il capo III.
      3. Resta fermo quanto previsto dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni, per l'esposizione a radiazioni ionizzanti.

Capo II
PROTEZIONE DEI LAVORATORI CONTRO I RISCHI DI ESPOSIZIONE AL RUMORE DURANTE IL LAVORO

Art. 135.
(Campo di applicazione).

      1. Le disposizioni del presente capo costituiscono recepimento della direttiva 2003/10/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 febbraio 2003, sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (rumore).
      2. Il presente capo determina i requisiti minimi per la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall'esposizione al rumore durante il lavoro e in particolare per l'udito.

 

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Art. 136.
(Definizioni).

      1. Ai sensi del presente capo si intende per:

          a) pressione acustica di picco (ppeak): valore massimo della pressione acustica istantanea ponderata in frequenza «C»;

          b) livello di esposizione giornaliera al rumore (LEX,8h): [dB(A) riferito a 20 μPa]: valore medio, ponderato in funzione del tempo, dei livelli di esposizione al rumore per una giornata lavorativa nominale di otto ore, definito dalla norma internazionale ISO 1999: 1990 punto 3.6. Si riferisce a tutti i rumori sul lavoro, incluso il rumore impulsivo;

          c) livello di esposizione settimanale al rumore (LEX,8h): valore medio, ponderato in funzione del tempo, dei livelli di esposizione giornaliera al rumore per una settimana nominale di cinque giornate lavorative di otto ore, definito dalla norma internazionale ISO 1999:1990 punto 3.6, nota 2.

Art. 137.
(Valori limite di esposizione e valori di azione).

      1. I valori limite di esposizione e i valori di azione, in relazione al livello di esposizione giornaliera al rumore e alla pressione acustica di picco, sono fissati a:

          a) valori limite di esposizione rispettivamente (LEX,8h = 87 dB(A) e ppeak = 200 μPa (140 dB(C) riferito a 20 μPa);

          b) valori superiori di azione: rispettivamente (LEX,8h = 85 dB(A) e ppeak = 140 Pa (137 dB(C) riferito a 20 μPa);

          c) valori inferiori di azione: rispettivamente (LEX,8h = 80 dB(A) e ppeak = 112 Pa (135 dB(C) riferito a 20 μPa).

 

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      2. Laddove a causa delle caratteristiche intrinseche della attività lavorativa l'esposizione giornaliera al rumore varia significativamente, da una giornata di lavoro all'altra, è possibile sostituire, ai fini dell'applicazione dei valori limite di esposizione e dei valori di azione, il livello di esposizione giornaliera al rumore con il livello di esposizione settimanale a condizione che:

          a) il livello di esposizione settimanale al rumore, come dimostrato da un controllo idoneo, non ecceda il valore limite di esposizione di 87 dB(A);

          b) siano adottate le adeguate misure per ridurre al minimo i rischi associati a tali attività.

Art. 138.
(Valutazione del rischio).

      1. Nell'ambito della valutazione dei rischi di cui all'articolo 7, il datore di lavoro valuta il rumore durante il lavoro prendendo in considerazione in particolare:

          a) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione, ivi inclusa ogni esposizione a rumore impulsivo;

          b) i valori limite di esposizione e i valori di azione di cui all'articolo 137;

          c) tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori particolarmente sensibili al rumore;

          d) per quanto possibile a livello tecnico, tutti gli effetti sulla salute e sicurezza dei lavoratori derivanti da interazioni fra rumore e sostanze ototossiche connesse con l'attività svolta e fra rumore e vibrazioni;

          e) tutti gli effetti indiretti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori risultanti da interazioni fra rumore e segnali di avvertimento o altri suoni che vanno osservati al fine di ridurre il rischio di infortuni;

 

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          f) le informazioni sull'emissione di rumore fornite dai costruttori dell'attrezzatura di lavoro in conformità alle disposizioni vigenti in materia;

          g) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre l'emissione di rumore;

          h) il prolungamento del periodo di esposizione al rumore oltre l'orario di lavoro normale, in locali di cui è responsabile;

          i) le informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria, comprese, per quanto possibile, quelle reperibili nella letteratura scientifica;

          l) la disponibilità di dispositivi di protezione dell'udito con adeguate caratteristiche di attenuazione.

      2. Se, a seguito della valutazione di cui al comma 1, può fondatamente ritenersi che i valori inferiori di azione possono essere superati, il datore di lavoro misura i livelli di rumore cui i lavoratori sono esposti, i cui risultati sono riportati nel documento di valutazione.
      3. I metodi e le strumentazioni utilizzati devono essere adeguati alle caratteristiche del rumore da misurare, alla durata dell'esposizione e ai fattori ambientali. I metodi utilizzati possono includere la campionatura, purché sia rappresentativa dell'esposizione del lavoratore
      4. I metodi e le strumentazioni rispondenti alle norme di buona tecnica si considerano adeguati ai sensi del comma 3.
      5. Nell'applicare quanto previsto dal presente articolo, il datore di lavoro tiene conto delle imprecisioni delle misurazioni determinate secondo la prassi metrologica.
      6. La valutazione di cui al comma 1 individua le misure di prevenzione e protezione necessarie ai sensi degli articoli 139, 140, 141 e 142 ed è documentata in conformità all'articolo 7, comma 2.
      7. La valutazione e la misurazione di cui ai commi 1 e 2 sono programmate ed effettuate ad opportuni intervalli, da personale adeguatamente qualificato nell'ambito

 

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del servizio di prevenzione e protezione di cui all'articolo 14.
      8. Il datore di lavoro aggiorna periodicamente la valutazione dei rischi e, in particolare, in occasione di notevoli mutamenti che potrebbero averla resa superata o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne mostrino la necessità.

Art. 139.
(Misure di prevenzione e protezione).

      1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 6, il datore di lavoro elimina i rischi alla fonte o li riduce al minimo e, in ogni caso, a livelli non superiori ai valori limite di esposizione, mediante le seguenti misure:

          a) adozione di altri metodi di lavoro che implicano una minore esposizione al rumore;

          b) scelta di attrezzature di lavoro adeguate, tenuto conto del lavoro da svolgere, che emettano il minor rumore possibile, inclusa l'eventualità di rendere disponibili ai lavoratori attrezzature di lavoro conformi ai requisiti di cui al titolo III, il cui obiettivo o effetto è di limitare l'esposizione al rumore;

          c) progettazione della struttura dei luoghi e dei posti di lavoro;

          d) adeguate informazione e formazione sull'uso corretto delle attrezzature di lavoro in modo da ridurre al minimo l'esposizione dei lavoratori al rumore;

          e) adozione di misure tecniche per il contenimento:

              1) del rumore trasmesso per via aerea, quali schermature, involucri o rivestimenti realizzati con materiali fonoassorbenti;

              2) del rumore strutturale, quali sistemi di smorzamento o di isolamento;

          f) opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, del luogo di lavoro e dei sistemi sul posto di lavoro;

 

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          g) riduzione del rumore mediante una migliore organizzazione del lavoro attraverso la limitazione della durata e dell'intensità dell'esposizione e l'adozione di orari di lavoro appropriati, con sufficienti periodi di riposo.

      2. Se a seguito della valutazione del rischio di cui all'articolo 138 risulta che i valori superiori di azione sono oltrepassati, il datore di lavoro elabora e applica un programma di misure tecniche e organizzative volte a ridurre l'esposizione al rumore, considerando in particolare le misure di cui al comma 1.
      3. I luoghi di lavoro dove i lavoratori possono essere esposti ad un rumore al di sopra dei valori superiori di azione sono indicati da appositi segnali. Tali aree sono inoltre delimitate e l'accesso alle stesse è limitato, ove ciò sia tecnicamente possibile e giustificato dal rischio di esposizione.
      4. Nel caso in cui, data la natura dell'attività, il lavoratore benefìci dell'utilizzo di locali di riposo messi a disposizione dal datore di lavoro, il rumore in tali locali è ridotto a un livello compatibile con il loro scopo e con le loro condizioni di utilizzo.

Art. 140.
(Uso dei DPI).

      1. Il datore di lavoro, qualora i rischi derivanti dal rumore non possano essere evitati con le misure di prevenzione e protezione di cui all'articolo 139, fornisce i DPI per l'udito conformi alle disposizioni contenute nel titolo V e alle seguenti condizioni:

          a) nel caso in cui l'esposizione al rumore superi i valori inferiori di azione il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori DPI dell'udito;

          b) nel caso in cui l'esposizione al rumore sia pari o al di sopra dei valori superiori di azione rende obbligatorio l'uso dei DPI dell'udito da parte dei lavoratori;

 

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          c) sceglie DPI dell'udito che consentono di eliminare il rischio per l'udito o di ridurlo al minimo, previa consultazione dei lavoratori o dei loro rappresentanti;

          d) verifica l'efficacia dei DPI dell'udito.

      2. Il datore di lavoro tiene conto dell'attenuazione prodotta dai DPI dell'udito indossati dal lavoratore solo ai fini di valutare il rispetto dei valori limite di esposizione.

Art. 141.
(Misure per la limitazione dell'esposizione).

      1. Fermo restando l'obbligo del non superamento dei valori limite di esposizione, se, nonostante l'adozione delle misure prese in applicazione del presente capo, si individuano esposizioni superiori a tali valori, il datore di lavoro:

          a) adotta misure immediate per riportare l'esposizione al di sotto dei valori limite di esposizione;

          b) individua le cause dell'esposizione eccessiva;

          c) modifica le misure di protezione e di prevenzione per evitare che la situazione si ripeta.

Art. 142.
(Informazione e formazione dei lavoratori).

      1. Nell'ambito degli obblighi di cui agli articoli 28 e 29, il datore di lavoro garantisce che i lavoratori esposti a valori uguali o superiori ai valori inferiori di azione siano informati e formati in relazione ai rischi provenienti dall'esposizione al rumore, con particolare riferimento:

          a) alla natura dei rischi;

          b) alle misure adottate in applicazione del presente capo volte a eliminare o a ridurre al minimo il rischio derivante dal rumore, incluse le circostanze in cui si applicano dette misure;

 

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          c) ai valori limite di esposizione e ai valori di azione di cui all'articolo 137;

          d) ai risultati delle valutazioni e delle misurazioni del rumore effettuate in attuazione dell'articolo 138 insieme a una spiegazione del loro significato e dei rischi potenziali;

          e) all'uso corretto dei DPI dell'udito;

          f) all'utilità e al modo di individuare e di segnalare sintomi di danni all'udito;

          g) alle circostanze nelle quali i lavoratori hanno diritto a una sorveglianza sanitaria e all'obiettivo della stessa;

          h) alle procedure di lavoro sicure per ridurre al minimo l'esposizione al rumore.

Art. 143.
(Sorveglianza sanitaria).

      1. Il datore di lavoro sottopone alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 23 i lavoratori la cui esposizione al rumore eccede i valori superiori di azione previsti dall'articolo 137.
      2. La sorveglianza sanitaria di cui al comma 1 è estesa ai lavoratori esposti a livelli superiori ai valori inferiori di azione, su loro richiesta.
      3. Nel caso in cui la sorveglianza sanitaria riveli, in un lavoratore, l'esistenza di anomalie imputabili ad esposizione a rumore, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
      4. Nei casi di cui al comma 3 il datore di lavoro:

          a) riesamina la valutazione del rischio effettuata ai sensi dell'articolo 138;

          b) riesamina le misure volte a eliminare o a ridurre i rischi ai sensi degli articoli 139 e 140;

          c) tiene conto del parere del medico competente ai fini dell'attuazione delle misure necessarie per eliminare o per ridurre il rischio;

          d) prende le misure necessarie affinché sia riesaminato lo stato di salute di tutti gli altri lavoratori che hanno subìto un'esposizione simile.

 

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Art. 144.
(Deroghe).

      1. Il datore di lavoro può richiedere deroghe all'uso dei DPI e al rispetto del valore limite di esposizione, quando, per la natura del lavoro, l'utilizzazione di tali dispositivi potrebbe comportare rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori maggiori rispetto a quanto accadrebbe senza la loro utilizzazione.
      2. La deroga è concessa, per un periodo massimo di quattro anni, dall'organo di vigilanza territorialmente competente che provvede anche a darne comunicazione, specificando le ragioni e le circostanze che hanno consentito la concessione della stessa, al Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
      3. La concessione della deroga di cui al comma 2 è condizionata all'intensificazione della sorveglianza sanitaria e a condizioni che garantiscano, tenuto conto delle particolari circostanze, che i rischi derivanti siano ridotti al minimo.
      4. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale trasmette ogni quattro anni alla Commissione dell'Unione europea un prospetto globale e motivato delle deroghe concesse ai sensi del presente articolo.

Art. 145.
(Linee guida per i settori della musica e delle attività ricreative).

      1. Le regioni, sentite le parti sociali, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, elaborano le linee guida per l'applicazione delle disposizioni del presente capo nei settori della musica e delle attività ricreative.

Art. 146.
(Decorrenza dell'efficacia per particolari settori).

      1. Per il settore della navigazione aerea e marittima l'obbligo del rispetto dei valori limite di esposizione previsti dall'articolo 137 acquista efficacia il 15 febbraio 2011.

 

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      2. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 145, per i settori della musica e delle attività ricreative le disposizioni del presente capo acquistano efficacia il 15 febbraio 2008.

Capo III
PROTEZIONE DEI LAVORATORI DAI RISCHI DI ESPOSIZIONE A VIBRAZIONI

Art. 147.
(Campo di applicazione).

      1. Le disposizioni del presente capo costituiscono recepimento della direttiva 2002/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 giugno 2002, sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (vibrazioni).
      2. Il presente capo prescrive le misure per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori che sono esposti o possono essere esposti a rischi derivanti da vibrazioni meccaniche.

Art. 148.
(Definizioni).

      1. Ai fini del presente capo, si intende per:

          a) vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio: le vibrazioni meccaniche che, se trasmesse al sistema mano-braccio nell'uomo, comportano un rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori, in particolare disturbi vascolari, osteoarticolari, neurologici o muscolari;

          b) vibrazioni trasmesse al corpo intero: le vibrazioni meccaniche che, se trasmesse al corpo intero, comportano rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, in particolare lombalgie e traumi del rachide.

 

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Art. 149.
(Valori limite di esposizione e valori di azione).

      1. Per le vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio:

          a) il valore limite di esposizione giornaliero, normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, è fissato a 5 m/s2;

          b) il valore d'azione giornaliero, normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, che fa scattare l'azione è fissato a 2,5 m/s2.

      2. Per le vibrazioni trasmesse al corpo intero:

          a) il valore limite di esposizione giornaliero, normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, è fissato a 1,15 m/s2;

          b) il valore d'azione giornaliero, normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, è fissato a 0,5 m/s2.

Art. 150.
(Valutazione dei rischi).

      1. Nell'assolvere agli obblighi stabiliti dall'articolo 7, il datore di lavoro valuta e, se necessario, misura i livelli di vibrazioni meccaniche a cui i lavoratori sono esposti.
      2. L'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio è valutata o misurata in base alle disposizioni di cui all'allegato XV, parte A.
      3. L'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni trasmesse al corpo intero è valutata o misurata in base alle disposizioni di cui all'allegato XV, parte B.
      4. Il livello di esposizione alle vibrazioni meccaniche può essere valutato mediante l'osservazione delle condizioni di lavoro specifiche e il riferimento ad appropriate informazioni sulla probabile entità delle vibrazioni per le attrezzature o i tipi di attrezzature in particolari condizioni di uso, incluse le informazioni fornite in materia dal costruttore delle attrezzature.

 

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Questa operazione va distinta dalla misurazione, che richiede l'impiego di attrezzature specifiche e di una metodologia appropriata.
      5. La valutazione e la misurazione di cui al comma 1 devono essere programmate ed effettuate a intervalli idonei da personale adeguatamente qualificato nell'ambito del servizio di cui all'articolo 14 e i relativi risultati devono essere riportati nel documento di cui all'articolo 7.
      6. Ai fini della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro presta particolare attenzione ai seguenti elementi:

          a) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione, ivi inclusa ogni esposizione a vibrazioni intermittenti o a urti ripetuti;

          b) i valori limite di esposizione e i valori di azione specificati nell'articolo 148;

          c) gli eventuali effetti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori particolarmente sensibili al rischio;

          d) gli eventuali effetti indiretti sulla sicurezza dei lavoratori risultanti da interazioni tra le vibrazioni meccaniche e l'ambiente di lavoro o altre attrezzature;

          e) le informazioni fornite dal costruttore dell'attrezzatura di lavoro ai sensi delle direttive comunitarie vigenti in materia;

          f) l'esistenza di attrezzature alternative progettate per ridurre i livelli di esposizione alle vibrazioni meccaniche;

          g) il prolungamento del periodo di esposizione a vibrazioni trasmesse al corpo intero al di là delle ore lavorative, in locali di cui è responsabile;

          h) condizioni di lavoro particolari, come le basse temperature;

          i) informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria, comprese, per quanto possibile, quelle reperibili nella letteratura scientifica.

      7. La valutazione dei rischi deve essere documentata conformemente all'articolo 7 e può includere la giustificazione che la

 

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natura e l'entità dei rischi connessi con le vibrazioni meccaniche rendono non necessaria una valutazione maggiormente dettagliata dei rischi.
      8. Il datore di lavoro aggiorna la valutazione dei rischi periodicamente, in particolare se vi sono stati notevoli mutamenti che potrebbero averla resa superata o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne mostrino la necessità.

Art. 151.
(Misure di prevenzione e protezione).

      1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 6, il datore di lavoro elimina i rischi alla fonte o li riduce al minimo e, in ogni caso, a livelli non superiori ai valori limite di esposizione di cui all'articolo 149.
      2. In base alla valutazione dei rischi di cui all'articolo 150, quando sono superati i valori di azione, il datore di lavoro elabora e applica un programma di misure tecniche od organizzative volte a ridurre al minimo l'esposizione e i rischi che ne conseguono, considerando in particolare:

          a) altri metodi di lavoro che richiedono una minore esposizione a vibrazioni meccaniche;

          b) la scelta di attrezzature di lavoro adeguate concepite nel rispetto dei princìpi ergonomici e che producono, tenuto conto del lavoro da svolgere, il minor livello possibile di vibrazioni;

          c) la fornitura di attrezzature accessorie per ridurre i rischi di lesioni provocate dalle vibrazioni, quali sedili che attenuano efficacemente le vibrazioni trasmesse al corpo intero e maniglie o guanti che attenuano la vibrazione trasmessa al sistema mano-braccio;

          d) adeguati programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, del luogo di lavoro e dei sistemi sul luogo di lavoro;

          e) la progettazione e l'organizzazione dei luoghi e dei posti di lavoro;

 

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          f) adeguate informazione e formazione dei lavoratori sull'uso corretto e sicuro delle attrezzature di lavoro, in modo da ridurre al minimo la loro esposizione a vibrazioni meccaniche;

          g) la limitazione della durata e dell'intensità dell'esposizione;

          h) l'organizzazione di orari di lavoro appropriati, con adeguati periodi di riposo;

          i) la fornitura, ai lavoratori esposti, di indumenti per la protezione dal freddo e dall'umidità.

      3. Se, nonostante le misure adottate, il valore limite di esposizione è stato superato, il datore di lavoro prende misure immediate per riportare l'esposizione al di sotto di tale valore, individua le cause del superamento e adatta di conseguenza le misure di protezione e prevenzione per evitare un nuovo superamento.

Art. 152.
(Informazione e formazione dei lavoratori).

      1. Nell'ambito degli obblighi di cui agli articoli 28 e 29, il datore di lavoro garantisce che i lavoratori esposti a rischi derivanti da vibrazioni meccaniche sul luogo di lavoro ricevano informazioni e una formazione adeguata sulla base della valutazione dei rischi di cui all'articolo 150, con particolare riguardo:

          a) alle misure adottate volte a eliminare o a ridurre al minimo i rischi derivanti dalle vibrazioni meccaniche;

          b) ai valori limite di esposizione e ai valori di azione;

          c) ai risultati delle valutazioni e delle misurazioni delle vibrazioni meccaniche effettuate in attuazione dell'articolo 150 e alle potenziali lesioni derivanti dalle attrezzature di lavoro utilizzate;

          d) all'utilità e al modo di individuare e di segnalare sintomi di lesioni;

 

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          e) alle circostanze nelle quali i lavoratori hanno diritto a una sorveglianza sanitaria;

          f) alle procedure di lavoro sicure per ridurre al minimo l'esposizione a vibrazioni meccaniche.

Art. 153.
(Sorveglianza sanitaria).

      1. I lavoratori esposti a livelli di vibrazioni superiori ai valori di azione previsti dall'articolo 149 sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 23.
      2. Nel caso in cui la sorveglianza sanitaria riveli, in un lavoratore, l'esistenza di anomalie imputabili ad esposizione a vibrazioni, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
      3. Nel caso di cui al comma 2 il datore di lavoro:

          a) sottopone a revisione la valutazione dei rischi effettuata ai sensi dell'articolo 150;

          b) sottopone a revisione le misure predisposte per eliminare o per ridurre i rischi;

          c) tiene conto del parere del medico competente ai fini dell'attuazione delle misure necessarie per eliminare o per ridurre il rischio;

          d) prende le misure necessarie affinché sia effettuata una visita medica straordinaria per tutti gli altri lavoratori che hanno subìto un'esposizione simile.

Art. 154.
(Cartelle sanitarie e di rischio).

      1. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui all'articolo 153, provvede ad istituire e aggiornare una cartella sanitaria e di rischio, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 24, comma 1, lettera c). Nella cartella sono, tra l'altro, riportati i valori di esposizione individuali comunicati dal datore di lavoro per il tramite del servizio di prevenzione e protezione.

 

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Art. 155.
(Deroghe).

      1. Nei settori della navigazione marittima e aerea, il datore di lavoro, in circostanze debitamente giustificate, può richiedere la deroga, limitatamente al rispetto dei valori limite di esposizione per il corpo intero, qualora, tenuto conto della tecnica e delle caratteristiche specifiche dei luoghi di lavoro, non sia possibile rispettare tale valore limite nonostante le misure tecniche e organizzative messe in atto.
      2. Nel caso di attività lavorative in cui l'esposizione di un lavoratore alle vibrazioni meccaniche è abitualmente inferiore ai valori di azione, ma varia sensibilmente da un momento all'altro e può occasionalmente superare il valore limite di esposizione, il datore di lavoro può richiedere la deroga al rispetto dei valori limite a condizione che il valore medio dell'esposizione calcolata su un periodo di 40 ore sia inferiore al valore limite di esposizione e si dimostri, con elementi probanti, che i rischi derivanti dal tipo di esposizione cui è sottoposto il lavoratore sono inferiori a quelli derivanti da un livello di esposizione corrispondente al valore limite.
      3. Le deroghe di cui ai commi 1 e 2 sono concesse, per un periodo massimo di quattro anni, dall'organo di vigilanza territorialmente competente che provvede anche a darne comunicazione, specificando le ragioni e le circostanze che hanno consentito la concessione delle stesse, al Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
      4. La concessione delle deroghe di cui ai commi 1 e 2 è condizionata all'intensificazione della sorveglianza sanitaria.
      5. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale trasmette ogni quattro anni alla Commissione dell'Unione europea un prospetto globale e motivato delle deroghe concesse ai sensi del presente articolo.

Art. 156.
(Decorrenza dell'efficacia in particolari casi e settori).

      1. In caso di attrezzature di lavoro messe a disposizione dei lavoratori anteriormente

 

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al 6 luglio 2007 e che non permettono il rispetto dei valori limite di esposizione tenuto conto del progresso tecnico e delle misure organizzative messe in atto, l'obbligo del rispetto dei valori limite di esposizione di cui all'articolo 149 acquista efficacia il 6 luglio 2010.
      2. Per il settore agricolo e forestale l'obbligo del rispetto dei valori limite di esposizione di cui all'articolo 149 acquista efficacia il 6 luglio 2014.

TITOLO XII
CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI

Art. 157.
(Campo di applicazione).

      1. Il presente titolo prescrive misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei o mobili, definiti ai sensi dell'articolo 158, fatte salve le disposizioni generali contenute nella presente legge.
      2. Le disposizioni del presente titolo non si applicano:

          a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze minerali;

          b) ai lavori svolti negli impianti connessi alle attività minerarie esistenti entro il perimetro dei permessi di ricerca, delle concessioni o delle autorizzazioni;

          c) ai lavori svolti negli impianti che costituiscono pertinenze della miniera ai sensi dell'articolo 23 del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, anche se ubicati fuori del perimetro delle concessioni;

          d) ai lavori di frantumazione, vagliatura, squadratura e lizzatura dei prodotti delle cave e alle operazioni di caricamento di tali prodotti dai piazzali;

          e) alle attività di prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio degli idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio nazionale, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale e nelle altre aree sottomarine comunque soggette ai poteri dello Stato;

 

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          f) ai lavori svolti in mare;

          g) alle attività svolte in studi teatrali, cinematografici, televisivi o in altri luoghi in cui si effettuino riprese, purché tali attività non implichino l'allestimento di un cantiere temporaneo o mobile.

      3. Le attività di cui al comma 2, lettera g), devono essere effettuate nel rispetto delle norme di buona tecnica, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 322, e successive modificazioni.

Art. 158.
(Definizioni).

      1. Ai fini del presente titolo, si intendono per:

          a) cantiere temporaneo o mobile, di seguito denominato «cantiere»: qualunque luogo in cui si effettuano lavori edili e di ingegneria civile di cui all'elenco riportato all'allegato XVI, parte A;

          b) committente: il soggetto per conto del quale l'intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione. Nel caso di appalto di opera pubblica, il committente è il soggetto titolare del potere decisionale e di spesa relativo alla gestione dell'appalto;

          c) responsabile dei lavori: soggetto che può essere incaricato dal committente ai fini della progettazione o dell'esecuzione o del controllo dell'esecuzione dell'opera. Nel caso di appalto di opera pubblica, il responsabile dei lavori è il responsabile unico del procedimento ai sensi dell'articolo 10 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni;

          d) lavoratore autonomo: persona fisica la cui attività professionale concorre alla realizzazione dell'opera senza vincolo di subordinazione;

 

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          e) coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la progettazione dell'opera, di seguito denominato «coordinatore per la progettazione»: soggetto incaricato, dal committente o dal responsabile dei lavori, dell'esecuzione dei compiti di cui all'articolo 160;

          f) coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la realizzazione dell'opera, di seguito denominato «coordinatore per l'esecuzione dei lavori»: soggetto, diverso dal datore di lavoro dell'impresa esecutrice, incaricato, dal committente o dal responsabile dei lavori, dell'esecuzione dei compiti di cui all'articolo 161;

          g) uomini-giorno: entità presunta del cantiere rappresentata dalla somma delle giornate lavorative prestate dai lavoratori, anche autonomi, previste per la realizzazione dell'opera;

          h) piano operativo di sicurezza: il documento che il datore di lavoro dell'impresa esecutrice redige, in riferimento al singolo cantiere interessato, ai sensi dell'articolo 7.

Art. 159.
(Obblighi del committente o del responsabile dei lavori).

      1. Il committente o il responsabile dei lavori, nella fase di progettazione dell'opera, e in particolare al momento delle scelte tecniche, nell'esecuzione del progetto e nell'organizzazione delle operazioni di cantiere, si attiene ai princìpi e alle misure generali di tutela di cui all'articolo 6. Al fine di permettere la pianificazione dell'esecuzione in condizioni di sicurezza dei lavori o delle fasi di lavoro che si devono svolgere simultaneamente o successivamente tra loro, il committente o il responsabile dei lavori prevede nel progetto la durata di tali lavori o fasi di lavoro.
      2. Il committente o il responsabile dei lavori, nella fase della progettazione dell'opera, valuta i documenti di cui all'articolo 160, comma 1, lettere a) e b).

 

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      3. Nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese, anche non contemporanea, il committente o il responsabile dei lavori, contestualmente all'affidamento dell'incarico di progettazione, designa il coordinatore per la progettazione in ognuno dei seguenti casi:

          a) nei cantieri la cui entità presunta è pari o superiore a duecento uomini-giorno;

          b) nei cantieri i cui lavori comportano i rischi particolari di cui all'allegato XVI, parte B.

      4. Nei casi di cui al comma 3, il committente o il responsabile dei lavori, prima dell'affidamento dei lavori, designa il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, che deve essere in possesso dei requisiti di cui all'articolo 166.
      5. La disposizione di cui al comma 4 si applica anche caso in cui, dopo l'affidamento dei lavori ad un'unica impresa, l'esecuzione dei lavori o di parte di essi sia affidata a una o più imprese.
      6. Il committente o il responsabile dei lavori, qualora in possesso dei requisiti di cui all'articolo 166, può svolgere le funzioni sia di coordinatore per la progettazione sia di coordinatore per l'esecuzione dei lavori.
      7. Il committente o il responsabile dei lavori comunica alle imprese esecutrici e ai lavoratori autonomi i nominativi del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l'esecuzione dei lavori; tali nominativi sono indicati nel cartello di cantiere.
      8 Il committente o il responsabile dei lavori può sostituire in qualsiasi momento, anche personalmente se in possesso dei requisiti di cui all'articolo 166, i soggetti designati in attuazione dei commi 3 e 4 del presente articolo.
      9. Il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un'unica impresa:

          a) verifica l'idoneità tecnico-professionale delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da

 

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affidare, anche attraverso l'iscrizione alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura;

          b) chiede alle imprese esecutrici una dichiarazione dell'organico medio annuo, distinto per qualifica, nonché una dichiarazione relativa al contratto collettivo stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, applicato ai lavoratori dipendenti;

          c) chiede un certificato di regolarità contributiva. Tale certificato può essere rilasciato, oltre che dall'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e dall'INAIL, per quanto di rispettiva competenza, anche dalle casse edili le quali stipulano un'apposita convenzione con i predetti Istituti al fine del rilascio di un documento unico di regolarità contributiva;

          d) trasmette all'amministrazione concedente, prima dell'inizio dei lavori oggetto della concessione edilizia o all'atto della presentazione della denuncia di inizio attività, il nominativo dell'impresa esecutrice dei lavori unitamente alla documentazione di cui alle lettere b) e c).

Art. 160.
(Obblighi del coordinatore per la progettazione).

      1. Durante la progettazione dell'opera e comunque prima della richiesta di presentazione delle offerte, il coordinatore per la progettazione:

          a) redige il piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 168;

          b) predispone un fascicolo contenente le informazioni utili ai fini della prevenzione e della protezione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, tenendo conto delle specifiche norme di buona tecnica. Le indicazioni di cui all'allegato XVI, parte C, si considerano norme di buona tecnica.

      2. Il fascicolo di cui al comma 1, lettera b), è preso in considerazione all'atto di

 

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eventuali lavori successivi sull'opera e non è predisposto nel caso di lavori di manutenzione ordinaria previsti dall'articolo 3, comma 1, lettera a), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

Art. 161.
(Obblighi del coordinatore per l'esecuzione dei lavori).

      1. Durante la realizzazione dell'opera, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori provvede a:

          a) verificare, con opportune azioni di coordinamento e di controllo, l'applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 168 e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro;

          b) verificare l'idoneità del piano operativo di sicurezza, da considerare come piano complementare di dettaglio del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 168, assicurandone la coerenza con quest'ultimo, e adeguare il piano di sicurezza e di coordinamento e il fascicolo di cui all'articolo 160, comma 1, lettera b), in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere, nonché verificare che le imprese esecutrici adeguino, se necessario, i rispettivi piani operativi di sicurezza;

          c) organizzare tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione e il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione;

          d) verificare l'attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere;

 

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          e) segnalare al committente o al responsabile dei lavori, previa contestazione scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi interessati, le inosservanze alle disposizioni degli articoli 163, 164 e 165 e alle prescrizioni del piano di cui all'articolo 168 e proporre la sospensione dei lavori, l'allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, ovvero la risoluzione del contratto. Nel caso in cui il committente o il responsabile dei lavori non adotti alcun provvedimento in merito alla segnalazione, senza fornirne idonea motivazione, il coordinatore per l'esecuzione provvede a dare comunicazione dell'inadempienza all'azienda sanitaria locale territorialmente competente e alla direzione provinciale del lavoro;

          f) sospendere in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate.

      2. Nei casi di cui all'articolo 159, comma 5, il coordinatore per l'esecuzione, oltre a svolgere i compiti di cui al comma 1 del presente articolo, redige il piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 168 e predispone il fascicolo, di cui all'articolo 160, comma 1, lettera b).

Art. 162.
(Responsabilità del committente e del responsabile dei lavori).

      1. Il committente è esonerato dalle responsabilità connesse all'adempimento degli obblighi limitatamente all'incarico conferito al responsabile dei lavori.
      2. La designazione del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l'esecuzione non esonera il committente o il responsabile dei lavori dalle responsabilità connesse alla verifica dell'adempimento degli obblighi di cui agli articoli 160, comma 1, e 161, comma 1, lettera a).

 

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Art. 163.
(Obblighi dei lavoratori autonomi).

      1. I lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nei cantieri:

          a) utilizzano le attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni del titolo III;

          b) utilizzano i DPI conformemente a quanto previsto dal titolo V;

          c) si adeguano alle indicazioni fornite dal coordinatore per l'esecuzione dei lavori, ai fini della sicurezza.

Art. 164.
(Misure generali di tutela).

      1. I datori di lavoro delle imprese esecutrici, durante l'esecuzione dell'opera, osservano le misure generali di tutela di cui all'articolo 6, e curano, ciascuno per la parte di competenza, in particolare:

          a) il mantenimento del cantiere in condizioni ordinate e di soddisfacente salubrità;

          b) la scelta dell'ubicazione dei posti di lavoro tenendo conto delle condizioni di accesso a tali posti, definendo vie o zone di spostamento o di circolazione;

          c) le condizioni di movimentazione dei vari materiali;

          d) la manutenzione, il controllo prima dell'entrata in servizio e il controllo periodico degli impianti e dei DPI al fine di eliminare i difetti che possono pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;

          e) la delimitazione e l'allestimento delle zone di stoccaggio e di deposito dei vari materiali, in particolare quando si tratta di materie e di sostanze pericolose;

          f) l'adeguamento, in funzione dell'evoluzione del cantiere, della durata effettiva

 

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da attribuire ai vari tipi di lavoro o fasi di lavoro;

          g) la cooperazione tra datori di lavoro e lavoratori autonomi;

          h) le interazioni con le attività che avvengono sul luogo, all'interno o in prossimità del cantiere.

Art. 165.
(Obblighi dei datori di lavoro).

      1. I datori di lavoro:

          a) adottano le misure conformi alle prescrizioni di cui all'allegato IV;

          b) curano le condizioni di rimozione dei materiali pericolosi, previo, se del caso, coordinamento con il committente o con il responsabile dei lavori;

          c) curano che lo stoccaggio e l'evacuazione dei detriti e delle macerie avvengano correttamente;

          d) redigono il piano operativo di sicurezza di cui all'articolo 158, comma 1, lettera h).

      2. L'accettazione da parte di ciascun datore di lavoro delle imprese esecutrici, anche nel caso in cui nel cantiere operi un'unica impresa, anche familiare o con meno di dieci addetti, del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 167 e la redazione del piano operativo di sicurezza costituiscono, limitatamente al singolo cantiere interessato, adempimento delle disposizioni di cui all'articolo 7, commi 1, 2 e 3, e all'articolo 10, comma 1, lettera b).

Art. 166.
(Requisiti professionali del coordinatore per la progettazione e del coordinatore per l'esecuzione dei lavori).

      1. Il coordinatore per la progettazione e il coordinatore per l'esecuzione dei lavori

 

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devono essere in possesso di uno dei seguenti requisiti:

          a) diploma di laurea in ingegneria, architettura, geologia, scienze agrarie o scienze forestali, nonché attestazione da parte di datori di lavoro o di committenti comprovante l'espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno un anno;

          b) diploma universitario in ingegneria o architettura nonché attestazione da parte di datori di lavoro o di committenti comprovante l'espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno due anni;

          c) diploma di geometra o perito industriale o perito agrario o agrotecnico nonché attestazione da parte di datori di lavoro o di committenti comprovante l'espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per almeno tre anni.

      2. I soggetti di cui al comma 1 devono essere, altresì, in possesso di attestato di frequenza a specifico corso in materia di sicurezza organizzato dalle regioni, mediante le strutture tecniche operanti nel settore della prevenzione e della formazione professionale, o, in alternativa, dall'ISPESL, dall'INAIL, dall'Istituto italiano di medicina sociale, dai rispettivi ordini o collegi professionali, dalle università, dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori o dagli organismi paritetici istituiti nel settore dell'edilizia.
      3. Il contenuto e la durata dei corsi di cui al comma 2 devono rispettare almeno le prescrizioni di cui all'allegato XVI, parte D.
      4. L'attestato di cui al comma 2 non è richiesto per i dipendenti in servizio presso pubbliche amministrazioni che esplicano nell'ambito delle stesse amministrazioni le funzioni di coordinatore per la progettazione.
      5. L'attestato di cui al comma 2 non è richiesto per coloro che, non più in servizio, hanno svolto attività tecnica in materia di sicurezza nelle costruzioni, per almeno cinque anni, in qualità di pubblici ufficiali o di incaricati di pubblico servizio

 

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e per coloro che producono un certificato universitario attestante il superamento di uno o più esami del corso o diploma di laurea, equipollenti ai fini della preparazione conseguita con il corso di cui all'allegato XVI, parte D, o un'attestato di partecipazione a un corso di perfezionamento universitario con le medesime caratteristiche di equipollenza.
      6. Le spese connesse con l'espletamento dei corsi di cui al comma 2 sono poste a totale carico dei partecipanti.
      7. Le regioni determinano la misura degli oneri per il funzionamento dei corsi di cui al comma 2, organizzati da esse o dagli altri soggetti previsti dal medesimo comma 2, da porre a carico dei partecipanti.

Art. 167.
(Notifica preliminare).

      1. Il committente o il responsabile dei lavori, prima dell'inizio dei lavori, trasmette all'azienda sanitaria locale e alla direzione provinciale del lavoro territorialmente competenti la notifica preliminare contenente gli elementi di cui all'allegato XVI, parte E, nonché gli eventuali aggiornamenti nei seguenti casi:

          a) cantieri di cui all'articolo 159, comma 3;

          b) cantieri che, inizialmente non soggetti all'obbligo di notifica, ricadono nelle categorie di cui alla lettera a) per effetto di varianti sopravvenute in corso d'opera;

          c) cantieri in cui opera un'unica impresa la cui entità presunta di lavoro non è inferiore a duecento uomini-giorno.

      2. Copia della notifica deve essere affissa in maniera visibile presso il cantiere e custodita a disposizione dell'organo di vigilanza territorialmente competente ai sensi del comma 1.
      3. Gli enti bilaterali istituiti nel settore delle costruzioni hanno accesso ai dati relativi alle notifiche preliminari presso gli organi di vigilanza.

 

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Art. 168.
(Piano di sicurezza e di coordinamento).

      1. Il piano di sicurezza e di coordinamento contiene l'individuazione, l'analisi e la valutazione dei rischi, e le conseguenti procedure, gli apprestamenti e le attrezzature atti a garantire, per tutta la durata dei lavori, il rispetto delle norme per la prevenzione degli infortuni e la tutela della salute dei lavoratori, nonché la stima dei relativi costi che non sono soggetti al ribasso nelle offerte delle imprese esecutrici. Il piano contiene, altresì, le misure di prevenzione dei rischi risultanti dall'eventuale presenza simultanea o successiva di più imprese o dei lavoratori autonomi ed è redatto anche al fine di prevedere, quando ciò risulti necessario, l'utilizzazione di impianti comuni quali infrastrutture, mezzi logistici e di protezione collettiva. Il piano è costituito da una relazione tecnica e da prescrizioni correlate alla complessità dell'opera da realizzare ed alle eventuali fasi critiche del processo di costruzione. In particolare il piano contiene, in relazione alla tipologia del cantiere interessato, i seguenti elementi:

          a) modalità da seguire per la recinzione del cantiere, per gli accessi e per le segnalazioni;

          b) protezioni o misure di sicurezza contro i possibili rischi provenienti dall'ambiente esterno;

          c) servizi igienico-assistenziali;

          d) protezioni o misure di sicurezza connesse alla presenza nell'area del cantiere di linee aeree e di condutture sotterranee;

          e) viabilità principale del cantiere;

          f) impianti di alimentazione e reti principali di elettricità, acqua, gas ed energia di qualsiasi tipo;

          g) impianti di terra e di protezione contro le scariche atmosferiche;

 

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          h) misure generali di protezione contro il rischio di seppellimento da adottare negli scavi;

          i) misure generali da adottare contro il rischio di annegamento;

          l) misure generali di protezione da adottare contro il rischio di caduta dall'alto;

          m) misure per assicurare la salubrità dell'aria nei lavori in galleria;

          n) misure per assicurare la stabilità delle pareti e della volta nei lavori in galleria;

          o) misure generali di sicurezza da adottare nel caso di estese demolizioni o manutenzioni, ove le modalità tecniche di attuazione siano definite in fase di progetto;

          p) misure di sicurezza contro i possibili rischi di incendio o di esplosione connessi con lavorazioni e materiali pericolosi utilizzati in cantiere;

          q) disposizioni per l'attuazione di quanto previsto dall'articolo 170;

          r) disposizioni per l'attuazione di quanto previsto dall'articolo 161, comma 1, lettera c);

          s) valutazione, in relazione alla tipologia dei lavori, delle spese prevedibili per l'attuazione dei singoli elementi del piano;

          t) misure generali di protezione da adottare contro gli sbalzi eccessivi di temperatura.

      2. Il piano di sicurezza e di coordinamento è parte integrante del contratto di appalto.
      3. I datori di lavoro delle imprese esecutrici e i lavoratori autonomi sono tenuti ad attuare quanto previsto nel piano di sicurezza e di coordinamento e nel piano operativo di sicurezza.
      4. I datori di lavoro delle imprese esecutrici mettono a disposizione dei rappresentanti per la sicurezza copia del piano di sicurezza e di coordinamento e del piano operativo di sicurezza almeno dieci giorni prima dell'inizio dei lavori.

 

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      5. L'impresa che si aggiudica i lavori può presentare al coordinatore per l'esecuzione proposte di integrazione al piano di sicurezza e di coordinamento, ove ritenga di poter meglio garantire la sicurezza nel cantiere sulla base della propria esperienza. In nessun caso le eventuali integrazioni possono giustificare modifiche o adeguamenti dei prezzi pattuiti.
      6. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai lavori la cui esecuzione immediata è necessaria per prevenire incidenti imminenti o per organizzare urgenti misure di salvataggio.

Art. 169.
(Obbligo di trasmissione).

      1. Il committente o il responsabile dei lavori trasmette il piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 168 a tutte le imprese invitate a presentare offerte per l'esecuzione dei lavori. In caso di appalto di opera pubblica si considera trasmissione la messa a disposizione del piano a tutti i concorrenti alla gara di appalto.
      2. Prima dell'inizio dei lavori l'impresa aggiudicataria trasmette il piano di cui al comma 1 alle imprese esecutrici e ai lavoratori autonomi.
      3. Prima dell'inizio dei rispettivi lavori ciascuna impresa esecutrice trasmette il proprio piano operativo di sicurezza al coordinatore per l'esecuzione.

Art. 170.
(Consultazione dei rappresentanti per la sicurezza).

      1. Prima dell'accettazione del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 168 e delle modifiche significative apportate allo stesso, il datore di lavoro di ciascuna impresa esecutrice consulta il rappresentante per la sicurezza e gli fornisce eventuali chiarimenti sul contenuto del piano. Il rappresentante per la sicurezza può formulare proposte al riguardo.

 

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Art. 171.
(Modalità di attuazione della valutazione del rumore).

      1. La valutazione del rischio dell'esposizione di un lavoratore al rumore di cui all'articolo 138 può essere effettuata facendo riferimento ai tempi di esposizione e ai livelli di rumore reperibili in banche dati di riconosciuta validità.
      2. Sul documento di valutazione di cui all'articolo 7, va riportata la fonte documentale cui si è fatto riferimento.
      3. Nel caso di lavoratori adibiti a lavorazioni e compiti che comportano una variazione notevole dell'esposizione quotidiana al rumore da una giornata lavorativa all'altra può essere fatto riferimento, ai fini dell'applicazione della normativa vigente, al valore dell'esposizione settimanale relativa alla settimana di presumibile maggiore esposizione nello specifico cantiere, calcolata in conformità a quanto previsto dall'articolo 137, comma 2.

Art. 172.
(Modalità attuative di particolari obblighi).

      1. Nei cantieri la cui durata presunta dei lavori è inferiore a duecento giorni lavorativi, l'adempimento di quanto previsto dall'articolo 170 costituisce assolvimento dell'obbligo di riunione, salvo motivata richiesta del rappresentante per la sicurezza.
      2. Nei cantieri la cui durata presunta dei lavori è inferiore a duecento giorni lavorativi, e ove sia prevista la sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 23, la visita del medico competente agli ambienti di lavoro in cantieri aventi caratteristiche analoghe a quelli già visitati dallo stesso medico competente e gestiti dalle stesse imprese può essere sostituita o integrata, a giudizio del medesimo medico, con l'esame di piani di sicurezza relativi ai cantieri in cui svolgono la loro attività i lavoratori soggetti alla sua sorveglianza.
      3. Fermo restando l'articolo 29, i criteri e i contenuti per la formazione dei lavoratori

 

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e dei loro rappresentanti possono essere definiti dalle parti sociali in sede di contrattazione nazionale di categoria.
      4. I datori di lavoro, quando è previsto nei contratti di affidamento dei lavori che il committente o il responsabile dei lavori organizzi un apposito servizio di primo soccorso, antincendio ed evacuazione dei lavoratori, sono esonerati da quanto stabilito dal capo IV del titolo I.

Art. 173.
(Contenuti minimi dei piani di sicurezza).

      1. I contenuti minimi del piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 168 e del piano operativo di sicurezza di cui all'articolo 158, comma 1, lettera h), della presente legge, sono individuati ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 2003, n. 222, e successive modificazioni.

Art. 174.
(Lavori nei cassoni ad aria compressa).

      1. I lavori nei cassoni ad aria compressa devono essere effettuati nel rispetto delle norme di buona tecnica.
      2. Le disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 321, si considerano norme di buona tecnica.

TITOLO XIII
SANZIONI, ABROGAZIONI ED ENTRATA IN VIGORE

Art. 175.
(Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro e dai dirigenti).

      1. Il datore di lavoro è punito con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da euro 1.500 a euro 4.000 per la violazione degli articoli: 7, commi 1, 3 e 4;

 

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82; 94; 104, commi 1 e 4; 120, commi da 1 a 4; 138, commi 1, 6 e 8; 150; 151.
      2. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:

          a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da euro 1.500 a euro 4.000 per la violazione degli articoli: 7, comma 2, lettere b), c), f), g), h), i), l), p) e q); 19, commi 1 e 4; 22, comma 1; 29, commi 1, 2, 3, 4 e 5; 43, comma 1, lettere a), c), d), e) ed f); 44, comma 1; 47, commi 1, 2, 4 e 5; 48; 58; 59; 64, commi 3 e 4; 68, comma 1; 69; 71, commi 1 e 2; 76, comma 2; 77; 78; 79; 84, commi 1, 2, 4, 5, 6, 7, 10 e 11; 85; 86; 87, commi 1 e 4; 88, commi 1, 2, 3 e 6; 89, comma 2; 93; 95; 96; 97, commi 1 e 2; 100; 105, commi 1, 2 e 4; 106; 108; 109; 110; 111, commi da 1 a 4; 112; 113; 114; 115, commi 1, secondo periodo, e 2; 122, comma 1; 124; 125, commi 1 e 3; 138, commi 2, 3 e 7; 139, commi 1 e 2; 140, comma 1; 141; 142; 143; 152; 153, commi 1 e 3;

          b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da euro 500 a euro 2.500 per la violazione degli articoli: 7, comma 2, lettere a), d), e), m), n) ed o); 28; 43, comma 1, lettera b); 47, commi 3 e 6; 49, commi 1, 2, 3 e 4; 50; 51; 52; 57; 61; 64, comma 1; 72; 84, commi 8 e 9; 87, comma 5; 107; 122, comma 2; 139, commi 3 e 4;

          c) con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da euro 250 a euro 1.000 per la violazione degli articoli: 55; 105, comma 3; 111, commi 5 e 7.

      3. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 3.000 per la violazione degli articoli: 11; 18, comma 1; 47, commi 7 e 8.

Art. 176.
(Contravvenzioni commesse dai preposti).

      1. I preposti sono puniti con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da euro 250 a euro 1.000 per la violazione degli

 

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articoli: 8; 43, comma 1, lettere c), d), e) ed f); 47, commi 4 e 5; 58; 64, comma 4.

Art. 177.
(Contravvenzioni commesse dai lavoratori e dai componenti dell'impresa familiare).

      1. I lavoratori sono puniti con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da euro 200 a euro 600 per la violazione dell'articolo 9, comma 2, lettere b), c), d), e), f) e g).
      2. I componenti dell'impresa familiare sono punti con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 200 a euro 600 per la violazione dell'articolo 9, comma 3, lettera a).

Art. 178.
(Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro committenti).

      1. I datori di lavoro committenti sono puniti:

          a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da euro 1.500 a euro 4.000 per la violazione dell'articolo 10, commi 2 e 4;

          b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da euro 500 a euro 2.500 per la violazione dell'articolo 10, comma 1, lettera b);

          c) con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da euro 250 a euro 1000 per la violazione dell'articolo 10, commi 1, lettera a) e 3.

Art. 179.
(Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro appaltatori).

      1. I datori di lavoro appaltatori sono puniti con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da euro 500 a euro 2.500 per la violazione dell'articolo 10, comma 2.

 

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Art. 180.
(Contravvenzioni commesse dai lavoratori autonomi).

      1. lavoratori autonomi sono puniti con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da euro 500 a euro 2.500 per la violazione degli articoli: 10, comma 2; 163; 168, comma  3.
      2. I lavoratori autonomi sono punti con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 200 a euro 600 per la violazione dell'articolo 9, comma 3, lettera a).

Art. 181.
(Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro distaccanti).

      1. I datori di lavoro distaccanti sono puniti con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da euro 1.500 a euro 4.000 per la violazione dell'articolo 10, comma 5, primo periodo.

Art. 182.
(Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro distaccatari).

      1. I datori di lavoro distaccatari sono puniti con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da euro 1.500 a euro 4.000 per la violazione dell'articolo 10, comma 5, terzo e quarto periodo.

Art. 183.
(Contravvenzioni commesse dai progettisti).

      1. I progettisti sono puniti con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da euro 250 a euro 1.000 per la violazione dell'articolo 11.

Art. 184.
(Contravvenzioni commesse dai fabbricanti e dai fornitori).

      1. I fabbricanti e i fornitori sono puniti con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da euro 250 a euro 1.000 per la violazione dell'articolo 12.

 

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Art. 185.
(Contravvenzioni commesse dagli installatori).

      1. Gli installatori sono puniti con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da euro 250 a euro 1.000 per la violazione dell'articolo  13.

Art. 186.
(Contravvenzioni commesse dal medico competente).

      1. Il medico competente è punito:

          a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da euro 500 a euro 3.000 per la violazione degli articoli: 24, comma 1, lettere a), b), c) e g); 88, comma 5; 89, comma 1; 115, comma 1, primo periodo; 143, comma 3; 153, comma 2; 154;

          b) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da euro 250 a euro 1.500 per la violazione dell'articolo 24, commi 1, lettere d), e) e h), e 2;

          c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 200 a euro 600 per la violazione dell'articolo 24, comma 1, lettere f) ed i).

Art. 187.
(Contravvenzioni commesse dai lavoratori).

      1. I lavoratori sono puniti con l'arresto fino ad un mese e con l'ammenda da euro 200 a euro 600 per la violazione degli articoli 9, comma 2, lettere da b) a h), e 125, comma 2.

Art. 188.
(Sanzioni relative agli obblighi dei committenti o dei responsabili dei lavori).

      1. Il committente o il responsabile dei lavori sono puniti:

          a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da euro 1.500 euro 4.000 per la

 

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violazione degli articoli: 159, commi 1, secondo periodo, 3, 4 e 5; 162, comma 2;

          b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da euro 500 a euro 2.500 per la violazione dell'articolo 159, comma 9, lettera a);

          c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 3.000 per la violazione degli articoli 167, comma 1, e 169, comma 1.

Art. 189.
(Contravvenzioni commesse dai coordinatori).

      1. Il coordinatore per la progettazione è punito con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da euro 1.500 a euro 4.000 per la violazione dell'articolo 160, comma 1.
      2. Il coordinatore per l'esecuzione dei lavori è punito:

          a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da euro 1.500 euro 4.000 per la violazione dell'articolo 161, commi 1, lettere a), b), c), e) e f), e 2;

          b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da euro 500 a euro 2.500 per la violazione dell'articolo 161, comma 1, lettera d).

Art. 190.
(Sanzioni relative agli obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti).

      1. I datori di lavoro delle imprese esecutrici e, nell'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, i dirigenti e i preposti che dirigono o sovrintendono le attività delle imprese stesse, sono tenuti all'osservanza delle pertinenti disposizioni della presente legge.
      2. Il datore di lavoro è punito con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da euro 1.000 a euro 2.500 per la violazione dell'articolo 170, comma 1, primo periodo.

 

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      3. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:

          a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da euro 1.500 euro 4.000 per la violazione degli articoli: 165, comma 1, lettera a); 168, comma 3;

          b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 3.000 per la violazione degli articoli: 168, comma 4; 169, commi 2 e 3.

      4. I preposti sono puniti con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da euro 250 a euro 1.000 per la violazione degli articoli: 165, comma 1, lettera a); 168, comma 3.

Art. 191.
(Contravvenzioni commesse dai lavoratori autonomi).

      1. I lavoratori autonomi sono puniti con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da euro 150 a euro 500 per la violazione degli articoli: 163; 168, comma 3.

Art. 192.
(Abrogazioni).

      1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, fatte salve le norme di buona tecnica e di buone prassi, sono abrogati:

          a) l'articolo 4 della legge 19 gennaio 1955, n. 25;

          b) il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e successive modificazioni, ad esclusione dei titoli II, III, IV, V e VI, recanti norme di buona tecnica e di buone prassi;

          c) il decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, e successive modificazioni, ad esclusione dei capi II, III, IV, V, VI, VII, VIII e IX, recanti norme di buona tecnica e di buone prassi;

 

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          d) gli articoli 18, 19, 20 e 21 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, e successive modificazioni, e la tabella allegata;

          e) il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 320, e successive modificazioni, ad esclusione dei capi II, III, IV, V, VI, VII, ad eccezione degli articoli 42 e 43, VIII e IX, recanti norme di buona tecnica e di buone prassi;

          f) il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 321, e successive modificazioni, ad esclusione dei capi II, III, IV, V e VI, recanti norme di buona tecnica e di buone prassi;

          g) il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 322, e successive modificazioni, ad esclusione dei capi II, III, IV e V, recanti norme di buona tecnica e di buone prassi;

          h) il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1956, n. 323, e successive modificazioni;

          i) il decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale 12 settembre 1958, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 244 del 9 ottobre 1958, e successive modificazioni;

          l) il decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale 22 dicembre 1958, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 29 gennaio 1959, e successive modificazioni;

          m) il decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, e successive modificazioni;

          n) il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni;

          o) il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493;

          p) il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, e successive modificazioni.

      2. Le disposizioni contenute nei titoli II e III del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 302, sono considerate norme di buona tecnica e di buone prassi.

 

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Art. 193.
(Modifica all'articolo 4 della legge 12 marzo 1999, n. 68, in materia di computo della quota di riserva ai fini delle assunzioni obbligatorie).

      1. In considerazione delle particolari tipicità e rischiosità delle attività edili che si svolgono all'interno del cantiere, all'articolo 4, comma 1, della legge 12 marzo 1999, n. 68, dopo le parole: «i soci di cooperative di produzione e lavoro,» sono inserite le seguenti: «il personale di cantiere e gli addetti al trasporto del settore edile,».

Art. 194.
(Disposizione finanziaria).

      1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Art. 195.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.